Perché mi
iscrivo al Pdac /2
Intervista a
Carlo Velletri
(ex militante
della sinistra di Rifondazione e poi del Pcl)
a cura di Patrizia
Cammarata

Continua il ciclo di
interviste con compagni e compagne che hanno, in queste settimane, deciso di
iscriversi al PdAC. Si tratta di attivisti e dirigenti di lotte operaie e
studentesche importanti che in questi mesi hanno incrinato la cappa di
"pace sociale" imposta dalle burocrazie sindacali e dalla sinistra riformista; o
di compagni che hanno rotto con le organizzazioni riformiste o centriste (cioè
collocate formalmente a sinistra di Rifondazione) in cui militavano. In entrambi
i casi la scelta di adesione al Pdac avviene con l'intento di rafforzare uno
strumento di costruzione di quell'indispensabile partito rivoluzionario, di
lotta, che ancora manca nel nostro Paese. Provenienze, formazioni e
percorsi differenti che si incontrano nella condivisione del programma comunista
e di una concezione del partito come partito d'avanguardia di tipo bolscevico,
internazionalista e quindi internazionale, basato sui militanti che quel
programma portano ogni giorno nelle lotte di lavoratori e studenti.
Dopo l’intervista a
Luis Seclen, protagonista della lotta dell'Esselunga di Pioltello, pubblicata
nel nostro sito (www.alternativacomunista.org), proseguiamo con l’intervista a Carlo Velletri,
compagno che vive e lavora come operaio nella provincia di Padova, da anni
impegnato nelle lotte e attivo militante (prima nella sinistra
anti-riformista di Rifondazione, poi per due anni nel Pcl di
Ferrando), che ha
recentemente deciso, in occasione del nostro seminario nazionale di Rimini, di
iscriversi al Partito di Alternativa Comunista. Ora sta avviando, insieme ad
altri compagni, la costruzione della sezione padovana del
Pdac.
Carlo, il giorno 7
settembre sei arrivato a Rimini per partecipare al seminario di formazione del
Pdac, pur conoscendoci per aver letto le nostre pubblicazioni e il nostro sito,
se non sbaglio era la
prima volta che ci ncontravi direttamente ed era la prima volta che partecipavi
ad un’iniziativa del nostro partito. Solo il giorno dopo, sabato, durante il
dibattito, hai annunciato pubblicamente la tua scelta di voler chiedere
l'iscrizione al Pdac.
E’ stato un colpo di fulmine, una scelta emotiva dato che il seminario è stata, credo per tutti coloro che vi hanno partecipato, un’esperienza importante, oppure la tua scelta era già avvenuta prima di partecipare al seminario, e quali i motivi?
E’ stato un colpo di fulmine, una scelta emotiva dato che il seminario è stata, credo per tutti coloro che vi hanno partecipato, un’esperienza importante, oppure la tua scelta era già avvenuta prima di partecipare al seminario, e quali i motivi?
La verità è che negli ultimi tempi ho
cercato sempre di starvi "lontano". Non è facile avvicinarsi a un partito che,
all’interno della sinistra, è descritto da alcuni come settario, dogmatico e/o
aggrappato ad un pensiero del passato non più attuabile. La realtà, però, è che
se si è convinti del pensiero marxiano, della sua natura pura, in altre parole
rivoluzionaria, è inevitabile intraprendere la strada del trotskismo.
Diventare militante del Pdac, quindi, è stata solo una conseguenza di questo
percorso. Se c'é un partito, prima ancora come movimento o gruppo di Progetto
Comunista, che è stato sempre coerente con le scelte fatte, è proprio
questo.
Spero, sinceramente, che si riesca a far capire a molti compagni come sono le cose nella realtà; se oggi il movimento operaio è disgregato, come non è mai stato, la responsabilità è delle stesse avanguardie comuniste, il capitalismo fa solo il suo mestiere. Personalmente, dopo anni passati in Rifondazione e due anni di militanza nel Pcl sono stato per vari motivi lontano (per come può restarci un comunista…) dall’attività politica di partito. Ora mi sono convinto d’iscrivermi al Pdac per la sua natura puramente rivoluzionaria e per la coerenza mostrata, nonostante le difficoltà, in questi anni.
Oggi soltanto posso dire di essere un trotskista veramente convinto, fino a qualche anno fa no, ma solamente perché non conoscevo bene, fino in fondo, il pensiero trotskista. Più passa il tempo e più mi rendo conto che non è una questione di definizioni, di identificazione, o chissà cosa, è solo la presa di coscienza di quella che è la realtà.
Spero, sinceramente, che si riesca a far capire a molti compagni come sono le cose nella realtà; se oggi il movimento operaio è disgregato, come non è mai stato, la responsabilità è delle stesse avanguardie comuniste, il capitalismo fa solo il suo mestiere. Personalmente, dopo anni passati in Rifondazione e due anni di militanza nel Pcl sono stato per vari motivi lontano (per come può restarci un comunista…) dall’attività politica di partito. Ora mi sono convinto d’iscrivermi al Pdac per la sua natura puramente rivoluzionaria e per la coerenza mostrata, nonostante le difficoltà, in questi anni.
Oggi soltanto posso dire di essere un trotskista veramente convinto, fino a qualche anno fa no, ma solamente perché non conoscevo bene, fino in fondo, il pensiero trotskista. Più passa il tempo e più mi rendo conto che non è una questione di definizioni, di identificazione, o chissà cosa, è solo la presa di coscienza di quella che è la realtà.
Diversi compagni che hanno rotto con le organizzazioni riformiste o
centriste, cioè collocate formalmente a sinistra di Rifondazione, in cui
militavano, talvolta si avvicinano al nostro partito conoscendolo nelle lotte
concrete dopo che per lungo tempo lo hanno conosciuto solo attraverso le
etichettature di comodo, talvolta diffamatorie, che ci hanno riservato (già
dalla nostra fondazione) altri partiti. Pensi che la tua iscrizione
al nostro partito, come quella di altri compagni che si stanno avvicinando in
questi mesi, possa essere una spinta anche per altri che, in questo momento,
delusi da altre esperienze di militanza, stanno invece “tornando a casa” e
rinunciando a fare attività?
Lo spero fortemente, come ho già
accennato l’inquadramento del gruppo di Progetto Comunista prima, e del Pdac
oggi, non è facile da fare dal di fuori, questo a causa anche di compagni che
del movimento comunista fanno e/o facevano parte. La parte più difficile da
colmare è quella di far capire a compagni che non si tratta di fare del
trotskismo una bandiera da sventolare ma di attuare in pratica un pensiero che
non è altro che il naturale seguito del marxismo e del leninismo (ovviamente nel
senso stretto di bolscevismo). Se a questo aggiungiamo decenni di distorsione
storica da parte di riformisti e stalinisti, capiamo che non è facile, ma non ci
sono altre strade possibili. Molti compagni devono capire che non si possono
passare ancora decenni dietro ai vari riformismi dopo che questi stessi metodi
non hanno fatto altro che assassinare il movimento operaio. L'intraprendere un
cammino rivoluzionario, di classe, come stanno facendo i compagni del Pdac e
delle altre sezioni della Lega Internazionale dei Lavoratori in tutto il mondo,
con il portare avanti il movimento quartinternazionalista, è di fondamentale
importanza.
Chi altro può vantare un’operazione strategica simile alla nostra? ...semplicemente nessuno.
Molti rincorrono leaderismi di varia natura, iscrivendosi a "partiti comunisti" di convenienza o rivoluzionari solo nella facciata, abboccando ai primi abbagli, ma capiranno prima o poi che altro non si tratta che, appunto, di abbagli. Ecco, io credo che il successo del Pdac arriverà quando saremo in grado di “sconfiggere le barriere della distorsione storica" che confondono il pensiero di tanti compagni del resto del movimento operaio e comunista. Portare avanti un operazione di propaganda come quella che Alternativa Comunista sta facendo anche con la rivista teorica Trotskismo oggi è importante, perché la storia è sconosciuta proprio all’interno della maggior parte dei gruppi e/o partiti dello stesso movimento operaio ed è deformata in quello comunista. Perseverando vedremo i risultati.
Chi altro può vantare un’operazione strategica simile alla nostra? ...semplicemente nessuno.
Molti rincorrono leaderismi di varia natura, iscrivendosi a "partiti comunisti" di convenienza o rivoluzionari solo nella facciata, abboccando ai primi abbagli, ma capiranno prima o poi che altro non si tratta che, appunto, di abbagli. Ecco, io credo che il successo del Pdac arriverà quando saremo in grado di “sconfiggere le barriere della distorsione storica" che confondono il pensiero di tanti compagni del resto del movimento operaio e comunista. Portare avanti un operazione di propaganda come quella che Alternativa Comunista sta facendo anche con la rivista teorica Trotskismo oggi è importante, perché la storia è sconosciuta proprio all’interno della maggior parte dei gruppi e/o partiti dello stesso movimento operaio ed è deformata in quello comunista. Perseverando vedremo i risultati.
Durante il
seminario è stato affermato che il nostro partito non ha nulla da offrire in
termini di privilegi piccoli o grandi (come invece avviene in altri partiti) ma
offre un programma rivoluzionario e una “bandiera senza macchia”. Non ti
spaventa la militanza rigorosa che è richiesta quando si è iscritti ad un
partito di tipo bolscevico come il Pdac?
La verità è che un comunista, un
comunista vero, rivoluzionario, non può stare senza fare attività politica,
contraddirebbe se stesso. Se si condivide il programma rivoluzionario del Pdac è
inevitabile partecipare alla costruzione di un mondo migliore, l’unico possibile
e alternativo alle corporazioni internazionali, quelle stesse corporazioni che
oggi hanno messo Mario Monti alla presidenza del consiglio senza nemmeno
chiedercelo, che derubano letteralmente la vita alle persone come, solo un
esempio tra i tanti, succede a Taranto. In quella vicenda è chiaro che l’unico
sbocco rivoluzionario può arrivare solo dalla proposta rivendicativa della
nazionalizzazione ed esproprio portata avanti dai compagni di Alternativa
Comunista in Puglia. A Taranto la gente si ammala, muore, eppure la borghesia è
così sfacciata da pretendere che i lavoratori e gli abitanti di Taranto scelgano
tra il lavoro con il degrado ambientale o la vita senza lavoro! Tutto questo è
inammissibile, non ci si può rendere complici di queste scelte, né di fronte a
noi stessi né di fronte alle future generazioni. Bisogna dire, e
convincere più compagni possibili a dire: "non si può continuare così",
riprendiamoci la vita che ci spetta. Trotsky disse: "La vita è bella, possano le
generazioni future liberarla da ogni male, oppressione, violenza e goderla in
tutto il suo splendore". Per farlo dobbiamo liberare il mondo dal capitalismo e
l’unica strada è la rivoluzione.
Al seminario
hanno partecipato anche altri nostri compagni delle sezioni della Lit, la
nostra internazionale, che ha sezioni o nuclei di sezione in decine di Paesi nel
mondo. Cosa pensi del fatto che il nostro partito, pur con mille difficoltà, sta
costruendo un’internazionale reale e non solo sulla carta, un’internazionale che
non concepisce l’internazionalismo come semplice solidarietà tra rivoluzionari
di Paesi diversi ma come un progetto di costruzione del socialismo?
La costruzione della rivoluzione a
livello internazionale è l’unica strada possibile per un mondo migliore. Senza
un programma comune in tutti i Paesi, i più numerosi possibili, non c'è
la costruzione di un’alternativa. Oggi se c'è una distorsione del pensiero
marxista è proprio a causa di quei processi che hanno considerato la possibilità
di creare in un solo Paese il socialismo, cosa che va a deformare il marxismo e
la sua natura puramente internazionalista.
La strada che il Pdac ha intrapreso è sì difficile, ma è l’unica; intraprenderla è un dovere morale di qualsiasi partito comunista veramente rivoluzionario. Il Pdac internazionalmente sta lavorando molto e lo sta facendo bene, non è un’internazionale di facciata, la sezione spagnola della Lit, Corriente Roja, ha portato in piazza a Madrid decine di migliaia di persone in favore dei lavoratori delle miniere (ed è stata l'unico partito assieme al sindacalismo di base spagnolo). Della stessa stoffa sono fatti i compagni delle varie sezioni della Lit negli altri Paesi. Sono militanti rivoluzionari e un rivoluzionario sa quello che fa, sempre.
Il Pdac è un partito di tipo bolscevico: mi sento di dire assolutamente senza indugi che è l’unico che vedo in Italia.
La strada che il Pdac ha intrapreso è sì difficile, ma è l’unica; intraprenderla è un dovere morale di qualsiasi partito comunista veramente rivoluzionario. Il Pdac internazionalmente sta lavorando molto e lo sta facendo bene, non è un’internazionale di facciata, la sezione spagnola della Lit, Corriente Roja, ha portato in piazza a Madrid decine di migliaia di persone in favore dei lavoratori delle miniere (ed è stata l'unico partito assieme al sindacalismo di base spagnolo). Della stessa stoffa sono fatti i compagni delle varie sezioni della Lit negli altri Paesi. Sono militanti rivoluzionari e un rivoluzionario sa quello che fa, sempre.
Il Pdac è un partito di tipo bolscevico: mi sento di dire assolutamente senza indugi che è l’unico che vedo in Italia.