Elezioni
amministrative 2011
Il senso della nostra partecipazione
Il senso della nostra partecipazione
E il desolante
quadro a sinistra
di Claudio
Mastrogiulio

Una sala colma di lavoratori
alla presentazione
della lista del Pdac a Latina per le
amministrative di maggio
I comunisti e le
elezioni
"Decidere una volta ogni qualche anno
qual membro della classe dominante debba opprimere, schiacciare il popolo nel
parlamento: ecco la vera essenza del parlamentarismo borghese, non solo nelle
monarchie parlamentari costituzionali, ma anche nelle repubbliche le più
democratiche" (1).
Così scriveva Lenin, nel meraviglioso saggio Stato e Rivoluzione, cogliendo un aspetto fondamentale su cui si regge l'orrenda mistificazione dell'intero assetto democratico-borghese, vale a dire l'ammantare di formalismi apparentemente democratici la più ferrea e spietata logica di classe. Lo Stato non è altro che uno strumento in mano alle classi dominanti, che consente loro di perpetrare il proprio dominio. Sappiamo benissimo che gli eserciti, agli arsenali, le immense ricchezze che i poteri forti usurpano al mondo dei lavoratori e degli oppressi, non consentiranno mai che uno strumento asservito ai loro interessi (le elezioni, per l'appunto) possa ritorcersi contro loro stessi.
Non è assolutamente con l'intendimento di cambiare il sistema dal suo interno che il Pdac presenta le proprie liste alle elezioni borghesi, compresa quest'ultima. Proprio perché consci di quanto detto sopra, cerchiamo di sfruttare ogni spazio possibile per poter propagandare un programma autenticamente anticapitalista e rivoluzionario, che sia in grado di far comprendere a larghi strati di masse come questo sistema sociale non possa essere riformabile. Per risolvere e tutelare gli interessi dei lavoratori, degli studenti, dei disoccupati, dei migranti, occorre esercitare un'importante attività propagandistica che renda partecipi quelle importanti porzioni di elettorato che si attiva politicamente soltanto in occasione delle elezioni. Sarebbe errato, oltre che autolesionistico, auto-censurarci rispetto ad un possibile impatto delle nostre proposte con la quotidianità di migliaia di lavoratori e di giovani che vedono il proprio futuro gestito dallo squallido comitato d'affari della borghesia confindustriale.
Tutto questo ovviamente vale se ci si presenta per quello che si è, senza infingimenti, senza cercare a tutti i costi il consenso, descrivendo la realtà per quella che effettivamente è e conseguentemente la nostra prospettiva politica. Altri a sinistra, e lo vedremo in seguito, non utilizzano questo criterio come riferimento per la propria azione; noi cerchiamo, e lo faremo anche in quest'occasione, di mantenervi fede.
Il rifiuto dell'elettoralismo e del parlamentarismo non significa, per i comunisti rivoluzionari, la semplice astensione di protesta, né tanto meno il disinteresse verso le questioni politiche. Significa porsi un'alternativa, e porre al proletariato l'unica alternativa efficace nella lotta contro l'oppressione, organizzarsi per difendere i propri interessi di classe immediati e, con ciò, difendere i propri interessi di classe futuri. Questo è il senso intrinseco che spinge i comunisti a presentarsi alle tornate elettorali verso le quali non nutrono alcuna fiducia.
Così scriveva Lenin, nel meraviglioso saggio Stato e Rivoluzione, cogliendo un aspetto fondamentale su cui si regge l'orrenda mistificazione dell'intero assetto democratico-borghese, vale a dire l'ammantare di formalismi apparentemente democratici la più ferrea e spietata logica di classe. Lo Stato non è altro che uno strumento in mano alle classi dominanti, che consente loro di perpetrare il proprio dominio. Sappiamo benissimo che gli eserciti, agli arsenali, le immense ricchezze che i poteri forti usurpano al mondo dei lavoratori e degli oppressi, non consentiranno mai che uno strumento asservito ai loro interessi (le elezioni, per l'appunto) possa ritorcersi contro loro stessi.
Non è assolutamente con l'intendimento di cambiare il sistema dal suo interno che il Pdac presenta le proprie liste alle elezioni borghesi, compresa quest'ultima. Proprio perché consci di quanto detto sopra, cerchiamo di sfruttare ogni spazio possibile per poter propagandare un programma autenticamente anticapitalista e rivoluzionario, che sia in grado di far comprendere a larghi strati di masse come questo sistema sociale non possa essere riformabile. Per risolvere e tutelare gli interessi dei lavoratori, degli studenti, dei disoccupati, dei migranti, occorre esercitare un'importante attività propagandistica che renda partecipi quelle importanti porzioni di elettorato che si attiva politicamente soltanto in occasione delle elezioni. Sarebbe errato, oltre che autolesionistico, auto-censurarci rispetto ad un possibile impatto delle nostre proposte con la quotidianità di migliaia di lavoratori e di giovani che vedono il proprio futuro gestito dallo squallido comitato d'affari della borghesia confindustriale.
Tutto questo ovviamente vale se ci si presenta per quello che si è, senza infingimenti, senza cercare a tutti i costi il consenso, descrivendo la realtà per quella che effettivamente è e conseguentemente la nostra prospettiva politica. Altri a sinistra, e lo vedremo in seguito, non utilizzano questo criterio come riferimento per la propria azione; noi cerchiamo, e lo faremo anche in quest'occasione, di mantenervi fede.
Il rifiuto dell'elettoralismo e del parlamentarismo non significa, per i comunisti rivoluzionari, la semplice astensione di protesta, né tanto meno il disinteresse verso le questioni politiche. Significa porsi un'alternativa, e porre al proletariato l'unica alternativa efficace nella lotta contro l'oppressione, organizzarsi per difendere i propri interessi di classe immediati e, con ciò, difendere i propri interessi di classe futuri. Questo è il senso intrinseco che spinge i comunisti a presentarsi alle tornate elettorali verso le quali non nutrono alcuna fiducia.
Un quadro desolante a
sinistra
I partiti che in Italia fanno sfoggio
dei simboli storici del movimento operaio, la falce ed il martello, e si
autoproclamano "guida rivoluzionaria del proletariato" sono molti, ma in
compenso quasi nessuno di questi ha la legittimità per poterlo fare, mentre
tutti non ne hanno (purtroppo) la forza.
Nelle ultime settimane, sono state ufficializzate le candidature che compongono le liste dei partiti, ed abbiamo avuto modo di osservare come alla fraseologia radicale spesso si accompagni una tattica quantomeno ambigua.
Nelle ultime settimane, sono state ufficializzate le candidature che compongono le liste dei partiti, ed abbiamo avuto modo di osservare come alla fraseologia radicale spesso si accompagni una tattica quantomeno ambigua.
Rifondazione si presenta, ovunque
possibile (cioè dove è stata accettata dal Pd), in alleanza col centrosinistra.
A conferma della definitiva sepoltura della presunta (e mai esistita nei fatti)
"svolta a sinistra" di Ferrero. Nella elezione più importante, quella di Milano,
sostiene Pisapia, candidato del Pd, di Sel e di settori centrali della grande
borghesia (a partire da quelli che fanno riferimento a De Benedetti e a
Repubblica). Per il gruppo dirigente di Rifondazione si tratta delle
prove generali in vista di future rinnovate alleanze col Pd anche sul piano
nazionale, alla prossima occasione.
Come molti sanno le organizzazioni più consistenti a sinistra del Prc, oltre al Pdac, sono Sinistra Critica e Pcl. E' interessante tracciare un breve quadro sulle loro collocazioni alle prossime elezioni.
Sinistra Critica (Sc), che ormai ha abbandonato anche nella propria terminologia, ogni prospettiva rivoluzionaria, sembra tra le due organizzazioni succitate quella che traccia alleanze più consone alla propria caratterizzazione. Nel senso che Sc è un contenitore con al suo interno diverse aree (come loro stessi si autodefiniscono, ecologista, femminista, etc..), che poco hanno a che vedere col marxismo, e che pertanto non trovano nessuna difficoltà a fare alleanze quantomeno imbarazzanti. Il riferimento è agli accordi stipulati da Sc per le elezioni comunali di Torino e Napoli. A Torino, Sinistra Critica si presenta accanto alle liste della Federazione della Sinistra (Pdci e Prc), appoggiando la candidatura di Juri Bossuto, con un programma che ha come apogeo della propria radicalità quello di "incentivare la mobilità sostenibile e il trasporto pubblico urbano, promuovere la costruzione di nuove piste ciclabili, implementare il servizio di bike e car sharing, creare aree Ztl e “zone 30” in ogni quartiere, promuovere i parchi pubblici cittadini esistenti e crearne di altri, promuovere la politica dei parcheggi d’interscambio." Non c'è male, rivendicazioni davvero avanzate da parte del candidato sindaco "comunista" della città della Fiat ! Anziché riaffermare il diritto degli operai a rispondere ai vili attacchi di Marchionne, con l'esproprio senza indennizzo e sotto controllo operaio della Fiat, Sc e Fds pensano alle piste ciclabili !.
A Napoli, Sc ha stretto un'alleanza con Sinistra Popolare di Marco Rizzo (ex braccio destro di Cossutta e Diliberto, uscì da Rifondazione per continuare a sostenere il governo della borghesia) e la Rete dei Comunisti (un piccolo gruppo neo-stalinista - 2), candidando alla carica di sindaco Pino Marziale. Anche qui, il senso generale del programma presentato non si discosta molto da quello di una blanda sinistra socialdemocratica, che rivendica il primato della "cosa pubblica", della "collettività" sul privato. Insomma, la solita filastrocca del recupero del "pubblico" rispetto al "privato", come se potesse esistere una "res publica" neutra ed insensibile rispetto alle dinamiche ed all'inconciliabilità degli interessi delle classi contrapposte.
Passiamo ora al Pcl. Il partito di Ferrando si presenta come un'organizzazione con al proprio interno una congerie di anime (si rinvia a "Lo strano caso di un partito virtuale", sul nostro sito), che vanno dal presunto "troskysmo" rivendicato dalla dirigenza di Pcl, fino ai richiami alla Costituzione borghese ed al codice penale di alcune sue sezioni, passando per posizione anarchiche, togliattiane etc. Insomma, anche qui siamo di fronte ad un contenitore vuoto di principi condivisi e che, in quanto tale, è plasmabile con tutte le colorazioni politiche possibili ed immaginabili.
Fulgido esempio (tra i tanti che si potrebbero fare) della metodologia di questo partito è il sostegno alla candidatura alle elezioni provinciali, a Mantova, insieme a Sinistra Popolare di Rizzo e a Rifondazione, dell'assessore uscente Grassi, in nome di un presunto "polo comunista". Significativamente, il candidato presidente rivendica come proprio punto di riferimento... Vasco Errani, governatore di centrosinistra dell'Emilia Romagna (3).
Come molti sanno le organizzazioni più consistenti a sinistra del Prc, oltre al Pdac, sono Sinistra Critica e Pcl. E' interessante tracciare un breve quadro sulle loro collocazioni alle prossime elezioni.
Sinistra Critica (Sc), che ormai ha abbandonato anche nella propria terminologia, ogni prospettiva rivoluzionaria, sembra tra le due organizzazioni succitate quella che traccia alleanze più consone alla propria caratterizzazione. Nel senso che Sc è un contenitore con al suo interno diverse aree (come loro stessi si autodefiniscono, ecologista, femminista, etc..), che poco hanno a che vedere col marxismo, e che pertanto non trovano nessuna difficoltà a fare alleanze quantomeno imbarazzanti. Il riferimento è agli accordi stipulati da Sc per le elezioni comunali di Torino e Napoli. A Torino, Sinistra Critica si presenta accanto alle liste della Federazione della Sinistra (Pdci e Prc), appoggiando la candidatura di Juri Bossuto, con un programma che ha come apogeo della propria radicalità quello di "incentivare la mobilità sostenibile e il trasporto pubblico urbano, promuovere la costruzione di nuove piste ciclabili, implementare il servizio di bike e car sharing, creare aree Ztl e “zone 30” in ogni quartiere, promuovere i parchi pubblici cittadini esistenti e crearne di altri, promuovere la politica dei parcheggi d’interscambio." Non c'è male, rivendicazioni davvero avanzate da parte del candidato sindaco "comunista" della città della Fiat ! Anziché riaffermare il diritto degli operai a rispondere ai vili attacchi di Marchionne, con l'esproprio senza indennizzo e sotto controllo operaio della Fiat, Sc e Fds pensano alle piste ciclabili !.
A Napoli, Sc ha stretto un'alleanza con Sinistra Popolare di Marco Rizzo (ex braccio destro di Cossutta e Diliberto, uscì da Rifondazione per continuare a sostenere il governo della borghesia) e la Rete dei Comunisti (un piccolo gruppo neo-stalinista - 2), candidando alla carica di sindaco Pino Marziale. Anche qui, il senso generale del programma presentato non si discosta molto da quello di una blanda sinistra socialdemocratica, che rivendica il primato della "cosa pubblica", della "collettività" sul privato. Insomma, la solita filastrocca del recupero del "pubblico" rispetto al "privato", come se potesse esistere una "res publica" neutra ed insensibile rispetto alle dinamiche ed all'inconciliabilità degli interessi delle classi contrapposte.
Passiamo ora al Pcl. Il partito di Ferrando si presenta come un'organizzazione con al proprio interno una congerie di anime (si rinvia a "Lo strano caso di un partito virtuale", sul nostro sito), che vanno dal presunto "troskysmo" rivendicato dalla dirigenza di Pcl, fino ai richiami alla Costituzione borghese ed al codice penale di alcune sue sezioni, passando per posizione anarchiche, togliattiane etc. Insomma, anche qui siamo di fronte ad un contenitore vuoto di principi condivisi e che, in quanto tale, è plasmabile con tutte le colorazioni politiche possibili ed immaginabili.
Fulgido esempio (tra i tanti che si potrebbero fare) della metodologia di questo partito è il sostegno alla candidatura alle elezioni provinciali, a Mantova, insieme a Sinistra Popolare di Rizzo e a Rifondazione, dell'assessore uscente Grassi, in nome di un presunto "polo comunista". Significativamente, il candidato presidente rivendica come proprio punto di riferimento... Vasco Errani, governatore di centrosinistra dell'Emilia Romagna (3).
In entrambi i casi (Sc e Pcl) la
partecipazione alle elezioni diviene, nei fatti, al di là delle dichiarazioni,
un fine in sé: non servendo alla presentazione di un programma operaio di
indipendenza di classe.
La presentazione del
Pdac
Il Partito di Alternativa Comunista,
nel solco del marxismo rivoluzionario conseguente, ritiene le elezioni
semplicemente uno strumento che serva a far conoscere ai lavoratori l'esistenza
di un programma anticapitalista e che sappia innestare un processo di nascita e
sviluppo di nuove lotte e mobilitazioni. Questo il significato della candidatura
dei comunisti alle elezioni borghesi, non certo il tentativo, pio ed illusorio,
di risolvere le contraddizioni del capitalismo all'interno dello stesso quadro
sistemico che le ha generate. Partendo da questi principi, il Pdac ha deciso di
presentare le proprie candidature sulla base di un programma di rottura con le
compatibilità capitalistiche ovunque ne avesse le forze. Le organizzazioni
centriste, cioè oscillanti tra riformismo e rivoluzione, preferiscono aggregarsi
tra loro puntando a pescare qualche voto in più spendendo l'arcinota formula
"dell'unità a sinistra". Ma l'unità di cui c'è bisogno, e i lavoratori che
lottano se ne accorgono ogni giorno, non è quella di diverse organizzazioni che
si uniscono solo per un bisogno elettorale. La vera necessità è la costruzione
di un partito autenticamente comunista e rivoluzionario che ancora non c'è e che
sappia rispondere costitutivamente, al di là delle fusioni a freddo, alla
domanda di organizzazione di migliaia di lavoratori e giovani in lotta contro
questa società.
(1) Lenin, Stato e rivoluzione,
1917.
(2) La Rete dei Comunisti è un piccolo
gruppo neo-stalinista, schieratosi con Gheddafi contro la rivoluzione delle
masse popolari libiche.
Agisce come frazione non dichiarata
all'interno del sindacato Usb dove, grazie a un intervento
organizzato ignoto alla gran parte degli attivisti del sindacato, i membri
della RdC ricoprono i principali incarichi dirigenti nazionali. Al contempo,
paradossalmente (ma non troppo), i dirigenti della RdC in Usb polemizzano, in
nome della "indipendenza sindacale", contro militanti di altri partiti che,
viceversa, fanno attività sindacale senza celare le proprie appartenenze
politiche.
(3) A Mantova la Sezione del Pcl (coordinata da un dirigente nazionale del Pcl, presidente all'ultimo congresso, Edo Rossi) si presenta con la Fed e il gruppo di Rizzo, sulla base di un programma di vaga critica di sinistra al Pd. Vedi
(3) A Mantova la Sezione del Pcl (coordinata da un dirigente nazionale del Pcl, presidente all'ultimo congresso, Edo Rossi) si presenta con la Fed e il gruppo di Rizzo, sulla base di un programma di vaga critica di sinistra al Pd. Vedi