Ambiente e capitalismo
L’unica energia pulita è quella senza profitto!
di Adriano Lotito

Da anni i cosiddetti “esperti” parlano della questione ecologica come del problema fondamentale del nuovo secolo. Una questione strettamente connessa alla produzione d’energia che possa sostenere i ritmi ultraveloci della nostra società d’oggi. Davanti ai disastri petroliferi che, a distanza di pochi mesi, si succedono sotto gli occhi di tutto il mondo, la conclusione più brillante cui sono giunti questi sedicenti esperti è stata di “consigliare” alle aziende di riferimento (veri e propri colossi energetici) di cambiare leggermente rotta, indirizzandosi verso fonti energetiche più “rassicuranti” agli occhi dell’opinione pubblica. Così, da un lato, abbiamo l’incidente del cargo Rena al largo della Nuova Zelanda, il più grande incidente petrolifero che quel territorio abbia conosciuto, dall’altro vediamo spuntare come funghi varie iniziative e convention che hanno come tema principale l’energia alternativa e, come interlocutori, le principali multinazionali del settore che dovrebbero apportare questo cambiamento “storico”. Se ci guardiamo intorno vediamo pali eolici e pannelli solari che hanno invaso i nostri territori impedendo la produzione agricola e danneggiando fauna e flora, vediamo “intrallazzi” mafiosi e “boom” dell’energia pulita che portano "fior di quattrini" ai “soliti noti” mentre, al contempo, la questione ecologica diventa sempre più drammatica.
L’incidente petrolifero in Nuova Zelanda e la dinamica dei fatti
L’ultima tragedia che ha visto ancora una volta come protagonista una petroliera (dopo l’incidente nel Golfo del Messico dello scorso anno) è avvenuta il cinque ottobre scorso al largo della Nuova Zelanda, quando il cargo Rena si è incagliato nella barriera corallina determinando il rilascio di centinaia di tonnellate di greggio che si sono estese a macchia d’olio nella zona circostante toccando anche le spiagge delle baie vicine, procurando la morte a migliaia d’uccelli e danni incalcolabili all’ecosistema marino che vanta una delle più belle e rare barriere coralline del mondo. A quanto si dice ora la situazione dovrebbe essere sotto controllo e sono state già avviate le indagini per chiarire le dinamiche dell’incidente. E’ stato dichiarato, come unico colpevole, il capitano del cargo; la motivazione della tragedia, dunque, sarebbe quella di un errore umano. Eppure altre voci affermano che dalle ispezioni dei mesi precedenti (a luglio e settembre) erano emersi alcuni deficit nella struttura della nave e che il capitano avrebbe dovuto “sorvolare” su questo a causa delle forti pressioni ricevute dai dirigenti, per rispettare i tempi di consegna del carico. Ecco! Stessa dinamica dell’incidente nel Golfo del Messico: la piattaforma petrolifera aveva dei problemi non irrisori ma gli operai furono costretti a continuare le trivellazioni pur di non interrompere il processo di lavorazione che avrebbe prodotto un leggero calo dei profitti per la British Petroleum. Nulla di nuovo sul fronte ambientale…
Il Festival dell’Energia a Firenze: il gotha internazionale dell’energia “pulita”
Quasi nello stesso momento, a fine settembre, si svolgeva a Firenze la quarta edizione del Festival dell’Energia, un evento promosso da Federutility, l’organizzazione che riunisce le aziende pubbliche impiegate nei settori d’acqua, elettricità e gas, nota anche per essersi opposta al secondo quesito del referendum che ha abrogato (in teoria) la remunerazione del capitale investito, cioè l’aumento del sette per cento delle bollette per rimpinguare i gestori (privati e non) degli acquedotti. Le altre imprese e banche implicate nell’organizzazione di questo festival erano Intesa San Paolo, Terna, Renault e tante altre aziende leader nei settori dell’eolico e del fotovoltaico. Alla faccia dell’energia pulita, il solo elenco delle suddette aziende rende assolutamente più sporca l’intera faccenda. Difatti dietro a questi processi produttivi ci sono giri d’affari assolutamente proficui per affaristi e faccendieri d’ogni risma come si è visto dagli scandali dell’eolico sia in Sardegna (dove sono stati coinvolti i vertici nazionali del Pdl) sia in Puglia (dove invece a farla da padrone era il “giro” di Vendola e soci). Stessa cosa vale ovviamente per il fotovoltaico: sempre in Puglia è in corso un’invasione di pannelli solari mai vista prima e nelle aziende specializzate, gli operai, quasi sempre immigrati, sono costretti a lavorare in nero, e sottopagati, per costruire megaparchi fotovoltaici (come nel caso della spagnola Tecnova nel Salento).
Rovesciare il capitalismo per salvaguardare l’ambiente
Detto questo si può capire bene la posizione di chi, come noi, considera la questione ecologica non solo un semplice problema di come produrre l’energia, bensì una problematica strettamente connessa al contesto sociale nella quale si muove. In un contesto che prevede, come primo comandamento, quello di inseguire il profitto, è una conclusione logica che ogni pretesa d’energia “pulita” sia finalizzata alla preservazione di questi profitti e alla riproduzione delle stesse logiche di mercato. Non saranno l’eolico e il solare a salvare l’ambiente, ma il modo di gestire queste fonti energetiche. Per questo noi diciamo, a gran voce, che l’unica maniera per salvaguardare il nostro spazio vitale è il rovesciamento del sistema capitalista che si nutre dell’ambiente solo ed esclusivamente per riempire le tasche di pochi, grandi, gruppi industriali. La parola d’ordine su cui si devono mobilitare le masse non è dunque “No al petrolio, sì al sole e al vento”, perché dietro al sole e al vento, nel capitalismo, ci saranno sempre dinamiche di sfruttamento dell’uomo e dell’ambiente. Per questo il Partito di Alternativa Comunista ha dato battaglia, e continuerà a darla nei prossimi mesi, con questa parola d’ordine: “L’unica energia pulita è quella senza profitto” e, quindi, l’unica società che potrà realmente gestire in modo equilibrato le risorse naturali, per il benessere di tutti, sarà la società socialista.