UNA GIORNATA DI LOTTA CONTRO LE
GUERRE DEL CENTROSINISTRA
di Francesco
Fioravanti
Sabato 17 marzo si è svolto a Roma il corteo
nazionale contro la guerra e per il ritiro delle truppe dall'Afghanistan,
organizzato da varie sigle dell'arcipelago della sinistra sociale e politica,
fra le quali il nostro partito.
Lo striscione alla testa del corteo
del 17 marzo a Roma
Quest'appuntamento, che ha seguito di solamente un mese l'imponente
manifestazione vicentina del 17 febbraio, ha avuto l'indubbio merito di porre
nuovamente all' attenzione dell' opinione pubblica la questione del ritiro delle
truppe italiane dai teatri di guerra, rilanciando così un movimento, quello
genericamente definito "pacifista", che nel nostro Paese è stato in grado di
coinvolgere negli anni precedenti milioni di persone intorno ad una parola
d'ordine estremamente semplificativa ma dall'indubbio valore politico : "no alla
guerra senza se e senza ma".
Il corteo si è svolto allì interno di un
contesto politico sicuramente diverso da quello degli anni precedenti: il
governo Berlusconi, giustamente accusato di subalternità rispetto all'
amministrazione americana, è stato nel frattempo sostituito da quello dell'
Unione guidato da Romano Prodi. Se però sono cambiati i musicanti, lo stesso,
purtroppo, non si può dire per la musica: dal berlusconiano "bisogna stare al
fianco degli Usa, è in gioco il nostro prestigio nazionale", si è passati al
prodiano "l'Italia è un grande Paese, non può tirarsi indietro quando ci sono in
ballo gli interessi nazionali". In sostanza, come era ampiamente
preventivabile, della tanto invocata "svolta" non è rimasta
traccia.
Lo striscione del PdAC (nelle
riprese del Tg1)
Di fronta questa nuova/vecchia situazione l'imbarazzo della sinistra riformista
è apparso evidente: se un partito come il Prc negli anni passati ha avuto tutto
l'interesse a partecipare a manifestazioni come quella di sabato, ora che i suoi
esponenti siedono sulle poltrone ministeriali ha esattamente l'interesse
opposto: non è un caso che Liberazione, il quotidiano di Rifondazione,
nei giorni che hanno preceduto l'evento non abbia dedicato una sola riga al
corteo. La posizione del Prc rispetto a questa scadenza si potrebbe riassumere
parafrasando un vecchio slogan pacifista: nè una bandiera nè un trafiletto
per un corteo che può far male al Governo!
Il PdAC invece ha ritenuto invece giusto
impegnarsi nella costruzione di questa manifestazione e prendervi parte. La
nostra non è stata una presenza di testimonanzia: lo spezzone, animato da
moltissimi giovani, si è rilevato uno dei più consistenti e gli interventi che
si sono succeduti dal furgone che apriva lo stesso sono stati numerosi e
combattivi. Significativo è stato in particolare quello del compagno Bachu del
Comitato Immigrati in Italia, il quale ci ha ricordato come la situazione che
vivono gli immigrati nel nostro Paese presenti caratteristiche drammatiche e che
le condizioni di iper-sfruttamento a cui sono sottoposti i migranti impongono a
chi ha a cuore le sorti degli sfruttati di attivarsi al loro fianco e lavorare
all'unificazione "delle e nelle lotte" fra lavoratori nativi e di altra
nazionalità.
Abbiamo approfittato del momento anche per pubblicizzare la
"campagna per il ritiro delle truppe dagli scenari di guerra" (sottoscrivibile
anche dal sito) che le sezioni europee della Lit - l' organizzazione
internazionale del quale il PdAC è parte- hanno lanciato nei mesi scorsi: le
centinaia di adesioni che abbiamo raccolto a Piazza Esedra danno l'idea di come
ci sia la possibilità di mettere in discussione la leggittimità dell' attuale
governo di centrosinistra e di quanta rabbia alberghi in coloro che -in buona
fede- speravano che con l'arrivo di Prodi sarebbero cambiati gli assi
fondamentali della politica estera italiana.
Riccardo Bocchese (dirigente
della Sezione di Vicenza del PdAC) nell'intervento conclusivo della
manifestazione.
Il corteo è terminato nella centralissima
Piazza Navona, dove si sono tenuti anche gli interventi conclusivi degli
esponenti delle organizzazioni promotrici. Il primo a prendere la parola è stato
il compagno Claudio Lupo di Vicenza, esponente di Emergency e impegnato
attivamente nella battaglia contro la costruzione della nuova base Usa nella
città veneta. A significare l'importanza che il "no alla base"ha per tutto il
movimento contro la guerra, sta il fatto che l'intervento conclusivo è stato
concesso a Riccardo Bocchese, dirigente, sempre vicentino, del PdAC arrivato a
Roma con la delegazione dei Comitati contro la base No Dal Molin. Bocchese nel
suo intervento ha rimarcato il fatto che la battaglia contro il Dal Molin non è
un qualcosa che riguarda solamente Vicenza e i suoi abitanti, come i mezzi di
informazione nelle mani della borghesia vogliono far crederci, ma è la lotta di
tutti coloro che sono stufi delle politiche di aggressione dei governi
imperialisti a danno dei popoli oppressi e che credono che un' alternativa di
società debba necessariamente passare per una sconfitta dell'imperialismo
stesso, sonfitta le cui basi vanno gettate qui ed ora. A Vicenza non
passeranno, la base non si farà: lo sciopero generale per una questione che
ha via via assunto un'importanza sempre maggiore deve diventare lo strumento per
far saltare i piani degli americani e del Governo italiano che non ha nessuna
intenzione di fare retromarcia, ha fatto bene Riccardo Bocchese a ricordarlo
ancora una volta.
Gli stessi temi sollevati giovedì scorso,
nella trasmissione di Santoro (su raidue) dedicata alla lotta contro la base Dal
Molin, da un'altra dirigente delle lotte di Vicenza, la nostra compagna Patrizia
Cammarata, che nonostante i pochi minuti che le sono stati concessi ha saputo
difendere con grinta le ragioni del movimento in una trasmissione che tentava di
minimizzarne la portata (è possibile vedere la puntata della trasmissione sul
sito www.annozero.rai.it/annozero/default.htm ).
In
questa fase abbiamo il dovere di tenere viva la mobilitazione e programmare le
prossime iniziative di lotta. Il rifinanziamento della missione afghana è un
atto scandaloso contro il quale protestare è necessario: il PdAC invita tutti i
militanti dei partiti della sinistra a rompere con i partiti che non rompono con
i governi di guerra e ad impegnarsi nella costruzione di un' opposizione di
massa a Prodi e i suoi accoliti. Anche la manifestazione di sabato dimostra come
le le potenzialità per invertire la rotta continuino ad esistere. Tentare di
unificare le varie realtà in lotta contro le politiche antipopolari e
guerrafondaie dell'Unione è un compito difficile ma che è divenuto ormai
improrogabile. Il nostro Partito è nato proprio con questo obiettivo ed è per
questo che non abbiamo paura di essere smentiti dai fatti quando affermiamo che
in piazza, finché continuerà ad esistere questo sistema economico che produce
solo danni, noi ci saremo sempre.
La testa dello spezzone del PdAC
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