Partito di Alternativa Comunista

A duecento anni dalla nascita Marx e il partito rivoluzionario

A duecento anni dalla nascita
Marx e il partito rivoluzionario
 
 

 
 
 
di Francesco Ricci
 
 
marx-engels-immagine

 
(fotogramma da "Il giovane Marx", film di Raoul Peck)
 
 
 
Il 5 maggio del 1818, duecento anni fa, nasceva Karl Marx. In queste settimane giornali e riviste borghesi e librerie si stanno riempendo di articoli, "speciali" e libri: per il 90% si tratta di una rimasticatura di vecchie sciocchezze anticomuniste e per un 9% di banalità infarcite di grossolani errori storici. In questo 9% rientra anche una parte consistente degli articoli pubblicati su vari blog che pure, in qualche modo, si richiamano al "marxismo".
Ci pare dunque cosa utile mettere a disposizione questo saggio che cerca di ricostruire uno degli aspetti più misconosciuti di Marx - in genere occultato da chi cerca di ridurlo all'economista - il suo ruolo in quanto dirigente rivoluzionario e costruttore di partito.
Il saggio è stato pubblicato sul numero 12 di Trotskismo oggi, rivista teorica del Pdac (reperibile presso le sezioni del Pdac o direttamente chiedendolo a questa mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. )
 
1. Prima del socialismo scientifico: il Club del Pantheon
Il "socialismo scientifico" (marxismo) non nasce dal nulla ma dalla dialettica del processo storico, dalla conservazione-negazione-superamento (aufhebung) del socialismo precedente. Per usare una immagine che è di Marx (e che Kautsky e Lenin riprenderanno), il marxismo nasce dalla convergenza di tre fonti: la filosofia tedesca, l'economia politica inglese e il socialismo francese.(1)
Quando parliamo di "socialismo francese" dobbiamo partire dalla elaborazione programmatica e dalla esperienza pratica di Babeuf, tramandata attraverso il libro di Filippo Buonarroti(2) che fu tradotto e diffuso anche in Inghilterra dai cartisti inglesi e che fu alla base delle organizzazioni rivoluzionarie in tutta Europa.
Il Club del Pantheon, il partito di Babeuf, nasceva nella fase finale della Rivoluzione francese, dalla convergenza dei migliori elementi formatisi nell'Anno II (1793-1794), cioè nell'anno in cui la rivoluzione fu spinta al suo estremo e si produsse un primitivo scontro di classe tra i sanculotti (gli artigiani del Fauburg Saint-Antoine, il proto-proletariato di un'epoca ancora pre-industriale) e i deputati borghesi della Convenzione, con al centro il governo di Robespierre e Saint-Just che cercava di mediare in una situazione di dualismo di poteri, colpendo a destra (i girondini) e a sinistra (gli "arrabbiati" e poi la Comune diretta da Hebert e Chaumette). Così facendo Robespierre si trovò isolato davanti alla borghesia reazionaria che il 9 Termidoro (27 luglio 1794) rovesciò il governo, sciolse i club rivoluzionari, soppresse la Comune e, con il Direttorio, aprì la fase di consolidamento del potere della grande borghesia.(3)
Era necessario riassumere questi elementi per capire perché secondo Marx il Club del Pantheon, diretto da Babeuf, costituisce «La prima apparizione di un partito comunista realmente operante»(4) operante cioè nel vivo di uno scontro tra le classi.
Marx intende distinguere questo proto-comunismo (cioè un comunismo che precede quello "scientifico") dal comunismo degli utopisti perché il partito di Babeuf non è una setta che sostiene, fuori dalla classe, un progetto fantastico di società futura ideato da un intellettuale piccolo-borghese (come saranno le sette che si basavano sulle idee di Owen, Fourier, Saint-Simon, ecc.): ma è una organizzazione che si costruisce dentro le lotte dei (proto) proletari e che raggruppa la parte più avanzata dell'avanguardia che si forma in queste lotte.
Questa distinzione tra la Congiura degli Eguali e il socialismo utopistico è stata occultata dalla storiografia stalinista che aveva la necessità di negare l'esistenza di un primitivo ma concreto scontro di classe tra borghesia rivoluzionaria e proto-proletariato, per poi inventarsi all'interno della Grande Rivoluzione francese un presunto primo esempio di patriottico "fronte popolare" di collaborazione di classe. Screditare e falsificare la storia di Babeuf aveva questa funzione. Non è un caso che i primi storici ad approfondire seriamente questa storia (e così a spiegare la distinzione che faceva Marx tra Babeuf e gli utopisti) sono stati storici trotskisti come Victor Daline, allievo di Riazanov e membro dell'Opposizione, o Maurice Dommanget.(5)
Questi storici marxisti hanno dimostrato che ciò che distingueva il partito di Babeuf dalle sette basate su fantasie filosofiche è che Babeuf dirigeva un partito di militanti (circa 2000), che pagavano le quote per l'autofinanziamento, che intervenivano nelle lotte e organizzavano gli scioperi nelle manifatture; un partito che usava un giornale come "organizzatore collettivo"; con una direzione centralizzata; basato su un programma che proponeva un'economia socializzata e il potere dei lavoratori sotto forma di dittatura rivoluzionaria; che costruiva nuclei rivoluzionari nell'esercito per romperlo e preparare l'insurrezione; che rifiutava ogni compromesso col governo borghese (il Direttorio).
Questo partito (1795 - 1796) fu dunque, come scrisse Engels in varie occasioni, l'antenato più diretto a cui si ispirò mezzo secolo dopo la Lega dei comunisti (1847 - 1852).
 
2. La prima esperienza di dittatura del proletariato, diretta da un embrione di partito operaio
Siamo abituati a ripetere che la prima esperienza (secondo Trotsky solo embrionale) di "dittatura del proletariato" fu la Comune di Parigi del 1871. In realtà la prima sollevazione operaia che condusse a brevissime esperienze di governi dei soli operai fu quella dei Canuts (i tessitori) nella Lione del 1831-1834.
In Marx ed Engels troviamo vari riferimenti sparsi a questa vicenda. Nel Capitale Marx scrive che «il proletariato urbano suonò a Lione la campana d'allarme»(6) ed Engels nell'Anti-Dhuring scrive: «Nel 1831 a Lione era avvenuta la prima sollevazione di operai».(7)
La lotta degli operai di Lione è una storia molto interessante ma che non possiamo approfondire qui. In due occasioni (nel 1831 e poi nel 1834) questi operai tessili, avanguardia della classe operaia della seconda città più grande della Francia, organizzarono lo sciopero generale e l'insurrezione e presero il potere nella città, imponendo il dominio di un loro "consiglio operaio", una specie di "soviet" che veniva eletto esclusivamente dalle diverse categorie di operai e si riuniva nel palazzo del governo borghese della città che era stato cacciato.
Furono necessari 20.000 soldati al re Luigi Filippo per riconquistare coi cannoni la città che, tre anni dopo, nel 1834, venne di nuovo presa per pochi giorni, con le stesse modalità, da un nuovo sciopero generale che si sviluppò in insurrezione di 60.000 operai. Anche in questo caso la repressione borghese fu violentissima e furono bruciati interi quartieri operai.
Ma la cosa più interessante è che per fare tutto ciò gli operai di Lione si erano dotati di un partito d'avanguardia, i Volontari del Rodano, organizzato attorno a un giornale operaio, L'Echo de la Fabrique. Sul frontespizio di questo giornale c'era lo slogan: «Proletari di tutti gli stati [cioè di tutte le categorie produttive, ndr] unitevi!». Secondo il principale storico di questi avvenimenti, Fernand Rude, è probabile che Marx abbia trovato in qualche biblioteca (durante il suo primo soggiorno parigino) copie di questo giornale e si sia ispirato a questa formula per riprodurla, quasi identica, in conclusione del Manifesto.
Quando la borghesia organizzò un processo contro gli insorti che erano sopravvissuti alla repressione, ai Volontari del Rodano e al principale dirigente di questo partito, l'operaio Jacques Lacombe, fu rivolta l'accusa di essere stati "il cervello dell'insurrezione".(8)
 
3. Il primo partito marxista: la Lega dei comunisti
Negli anni Trenta si diffonde negli ambienti rivoluzionari d'Europa il "babuvismo", alimentato dall'attività di Filippo Buonarroti e dalla diffusione del suo libro Cospirazione per l'eguaglianza detta di Babeuf. Sappiamo che lo stesso Marx legge il libro, probabilmente a Parigi nel 1844.
A Londra nell'estate del 1845 Marx ed Engels incontrano il gruppo dirigente della Lega dei giusti, composto da: Joseph Moll (orologiaio), Heinrich Bauer (calzolaio), Hermann Ewerbeck (medico), Karl Schapper (tipografo) e soprattutto Wilhelm Weitling (operaio), principale teorico dell'organizzazione. Le basi non scientifiche delle teorie della Lega e il programma ancora ingenuo (il motto della Lega era: «Tutti gli uomini sono fratelli») inducono Marx ed Engels a non entrarvi e a fondare invece, nel febbraio 1846, a Bruxelles, il Comitato di corrispondenza comunista, la prima organizzazione politica a cui danno vita. Il Comitato raggruppava una ventina di membri ma ebbe una funzione importantissima: quella di fungere da frazione organizzata per la battaglia con la quale Marx ed Engels, dall'esterno, influenzarono la discussione della Lega dei giusti.
Nella Lega dei giusti si leggevano gli articoli dei due amici pubblicati negli Annali franco-tedeschi e nel Vorwarts (1844) così come circolava il libro di Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra (1845).(9)
Il prodotto di questa battaglia di Marx ed Engels produce i suoi effetti: la Lega si sposta a sinistra e quello che era stato il principale dirigente teorico, Weitling, si scinde dalla Lega. È solo a questo punto che Marx ed Engels accettano la proposta di Moll che il Comitato di corrispondenza entri nella Lega per concludere la battaglia contro quanto rimane delle posizioni di Weitling e assuma la direzione del partito.
Con i dirigenti della Lega viene stabilita la confluenza e la preparazione di un congresso di fusione delle due organizzazioni che ridiscuta del programma e dia vita a un nuovo partito strutturato in forma diversa. Il primo cambiamento simbolico che coincide con l'ingresso di Marx ed Engels nella nuova Lega è il cambiamento del motto del partito che diventa: «proletari di tutti i Paesi, unitevi!».
Inizia un periodo di intenso dibattito nelle sezioni della Lega che sfocia nel congresso che si riunisce a Londra dal 2 al 9 giugno 1847. Marx è assente ma Engels partecipa e ingaggia una dura battaglia politica riuscendo a battere quanto rimane delle posizioni riformistiche e utopistiche. È la fine della Lega dei giusti e la nascita della Lega dei comunisti. Questo primo congresso si chiude con la convocazione di un secondo congresso per fine anno.
Il II Congresso si tiene dal 29 novembre al 10 dicembre a Londra. E nei mesi che vanno da giugno a novembre Marx ed Engels proseguono la loro battaglia di frazione, sviluppano una intensa discussione con i dirigenti e i membri della Lega sulla questione del programma del nuovo partito.
Il II Congresso durerà dieci giorni in cui Marx ed Engels riusciranno a far avanzare molto rapidamente la loro egemonia. Ne escono vincitori e per questo è a Marx che il nuovo Comitato centrale del partito affida l'incarico di preparare il programma definitivo della Lega dei comunisti: il compito cioè non è affidato a un filosofo ma al dirigente della frazione risultata maggioritaria nello scontro politico nella Lega.
È il testo che poi diventerà celebre in tutto il mondo come Manifesto del Partito comunista. Il succo delle posizioni del nuovo partito internazionale che è nato nel dicembre 1847 sono contenute già nel primo articolo dei nuovi Statuti dove, eliminate le vecchie ingenuità di Weitling, lo scopo della Lega dei comunisti è così definito: «l'abbattimento della borghesia, il dominio del proletariato, l'abolizione della vecchia società borghese poggiante su antagonismi fra le classi, e la fondazione di una nuova società senza classi e senza proprietà privata».
La Lega dei comunisti, che diviene tale quando Marx vince la sua battaglia di demarcazione programmatica e organizzativa contro il riformismo, era un partito d'avanguardia organizzato attorno a un programma rivoluzionario e strutturato in forma non molto diversa da come Lenin concepì agli inizi del Novecento il partito d'avanguardia.(10)
Riazanov, nei corsi che teneva agli operai, sostiene che «Il principio del centralismo democratico era alla base» della Lega dei comunisti (chiaramente il principio, non l'espressione).(11)
 
4. La Prima Internazionale
Quando nel settembre 1864 si fonda l'Associazione Internazionale dei Lavoratori (Ail) o Prima Internazionale, Marx partecipa senza intervenire nell'assemblea. Non è il "fondatore" dell'Ail ma è invitato e assume subito dopo un ruolo centrale perché è conosciuto tra gli operai per la sua battaglia nella Lega dei comunisti (alcuni dei dirigenti dell'Ail provengono dalla Lega).
L'Ail non supererà nella sua esistenza più di 5.000 militanti individuali (maggiore è il numero se si calcolano le adesioni collettive).
Marx ed Engels iniziano una lunga battaglia per trasformare l'Ail in una Internazionale basata sulla concezione del partito d'avanguardia e retta da un sistema (anche se non si usa ancora questa espressione) centralista democratico.
Il programma su cui si fonda l'Ail (l'Indirizzo inaugurale) non è un programma di compromesso o di "fronte" tra diverse correnti, a differenza di quanto a volte si sente dire. Al contrario: è scritto da Marx facendo solo poche e insignificanti concessioni verbali. È un programma marxista ma da molti militanti è accettato passivamente, senza essere compreso a fondo.
Per questo dal 1864 al 1870 Marx ed Engels combattono una battaglia durissima di demarcazione contro tutte le altre correnti che avevano aderito in forma passiva al programma scritto da Marx. A ogni congresso (i congressi dell'Ail erano annuali) si concentrano nella battaglia contro una delle correnti riformiste: dai mazziniani ai lassalliani, dai proudhonisti ai bakuniani. Ogni battaglia si conclude con una scissione dei settori che non è stato possibile guadagnare e con un rafforzamento dei marxisti che hanno la maggioranza nel Consiglio generale, cioè nella direzione.(12)
Marx in una importante lettera ricorda che la battaglia di demarcazione programmatica e organizzativa che ha condotto nell'Ail è stata una «lotta continua del Consiglio Generale [diretto da Marx] contro le sette (...). Questa lotta si è sviluppata nei congressi e, ancora di più, nelle riunioni specifiche del Consiglio Generale con le distinte sezioni».(13)
 
5. Perché la Prima Internazionale fu sciolta dopo la Comune
La battaglia di demarcazione politica e organizzativa dalle correnti riformiste condotta da Marx ed Engels fin dal primo giorno di vita dell'Ail, sulla base del programma marxista approvato nella fase di fondazione, poté fare un salto di qualità e vincere definitivamente solo con l'esperienza della Comune di Parigi (1871), quando fu possibile guadagnare la maggioranza alla comprensione reale di quello stesso programma.
Nell'interpretazione data da Franz Mehring nella sua biografia di Marx,(14) che ha condizionato tutta la storiografia successiva - fino a quando lo storico del Partito bolscevico Riazanov non ha chiarito i fatti - la Prima Internazionale si sarebbe spaccata e disciolta a causa degli intrighi di Bakunin.
In realtà furono gli insegnamenti pratici della Comune e in particolare la constatazione che mancò alla Comune per vincere un partito operaio marxista, distinto dagli altri partiti operai (anche se, come abbiamo dimostrato in altri articoli, esisteva un embrione di quel partito che non ebbe il tempo di svilupparsi), a rendere attuabile quello che prima era solo auspicato da Marx.
Quando si afferma che non si poteva concepire il partito comunista delimitato in epoca pre-imperialista, si dimentica che la costruzione di questo partito fu lo scopo principale di tutta l'attività pratica e teorica di Marx ed Engels. E si dimentica che secondo Lenin e Trotsky la Comune non era destinata inevitabilmente alla sconfitta esattamente perché la costruzione di quel partito comunista delimitato, programmaticamente e organizzativamente, era secondo loro possibile.
Nella Conferenza di Londra dell'Ail (settembre 1871) e nel Congresso dell'Aja (settembre 1872), che si tengono dopo la sconfitta della Comune e che trasformano quella sconfitta in una vittoria per il marxismo, Marx ed Engels propongono una Internazionale che ammetta al suo interno solo le organizzazioni che condividono il programma marxista e la necessità quindi di costruire un'Internazionale e partiti centralizzati per rompere lo Stato borghese e conquistare il potere.
Gli strumenti di questa battaglia sono la Risoluzione politica presentata da Vaillant (ex dirigente della Comune, di origine blanquista), in accordo con Marx, e la modifica allo Statuto in cui viene introdotto l'articolo 7a che affermano appunto questi compiti.(15)
Se l'espressione "centralismo democratico" viene usata per la prima volta (come vedremo più avanti) nell'Adav lassalliano con un significato diverso da quello che assumerà in seguito; se il termine verrà poi ripreso dai menscevichi (nella Conferenza di Pietrogrado del novembre 1905) e infine dai bolscevichi (Conferenza di Tammerfors, dicembre 1905); bisogna precisare che il concetto politico-organizzativo esisteva già prima della definizione ed era appunto il principio su cui si reggevano la Lega dei comunisti e, dopo la Comune in forma compiuta, anche la Prima Internazionale.
Per concludere rimarchiamo che sono prive di ogni fondamento storico le interpretazioni secondo cui la Prima Internazionale sarebbe stata solo una coalizione o fronte di gruppi e programmi diversi e che questo sarebbe stato il progetto di Marx, dunque un progetto differente da quello di Lenin. Tra poco torneremo su questo tema.(16)
 
6. Germania: la delimitazione organizzativa dei marxisti dal primo grande partito operaio
Nel 1862 Ferdinand Lassalle, intellettuale e giornalista che organizza scuole per gli operai e casse di resistenza per le lotte operaie, che aveva partecipato alla rivoluzione tedesca nel 1848 ed era stato incarcerato per questo, estende la sua fama tra gli operai presentando alle elezioni un Programma operaio per il quale subisce un processo. Quello stesso anno si reca a Londra per chiedere a Marx di porsi insieme a lui alla guida di un nuovo partito unico della classe operaia. Marx rifiuta, ritenendo che il programma (basato su tre assi: suffragio universale come mezzo per sviluppare le lotte operaie; cooperative operaie con sovvenzioni dallo Stato; conquista di uno "Stato popolare libero") sia un programma piccolo-borghese. In una lettera a Engels Marx definisce il Programma operaio come un tentativo non riuscito e riformista di imitazione del Manifesto.(17)
Lassalle, senza il sostegno di Marx, procede nel suo progetto e nel maggio 1863 fonda l'Adav (Associazione generale degli operai tedeschi), di cui è eletto presidente. L'Adav è il tentativo di costruzione di un partito operaio indipendente dalla borghesia, incluso quella "progressista" (per raggiungere questo scopo Lassalle cercherà anche, senza riuscirci, una alleanza che pensa essere solo "tattica" con Bismarck e la monarchia prussiana in funzione anti-borghese).
L'Adav di Lassalle è il primo partito operaio a conoscere un significativo sviluppo: dai 900 aderenti del 1863 passa ai 5.000 nel 1864 e ai 10.000 nel 1865, tutti paganti quote obbligatorie.
È nell'Adav che fa la sua prima comparsa il termine "centralismo democratico": però qui si intende che il congresso elegge il presidente del partito e gli affida poteri quasi assoluti ("dittatoriali", secondo l'espressione di Lassalle che definiva il partito "un martello in mano al suo presidente").(18)
Marx ed Engels osservano gli sviluppi dell'Adav e Marx riconoscerà a Lassalle (morto nel 1864 in un duello, poco prima che venisse fondata la Prima Internazionale) di aver svolto un grande servizio per la classe operaia nel tentativo (anche se non riuscito) di garantire la sua indipendenza di classe. Però nonostante l'Adav costituisca il primo partito operaio con una influenza di massa, Marx ed Engels non ci entrano, invitano i loro sostenitori a non entrare in questo partito e organizzano una battaglia per rompere l'Adav e guadagnarne una parte (la sinistra guidata da Wilhelm Bracke) alla fondazione di un altro partito operaio, in competizione con l'Adav per guadagnare la classe operaia. È lo Sdap (Partito operaio socialdemocratico tedesco), che fondano nell'agosto 1869.
Ci sono dunque in Germania - per scelta precisa di Marx ed Engels - due partiti operai: uno basato su un programma piccolo-borghese (lassalliano) e l'altro su un programma marxista. Due partiti separati e in scontro tra loro.
Tutto ciò è sintetizzato con chiarezza da Lenin quando, in morte di Bebel (1913), scrive: «Nella seconda metà degli anni Sessanta Bebel rompe i suoi legami con i liberali, scinde la parte socialista dei sindacati operai da quella democratica borghese ed è insieme a Liebknecht nelle prime file del partito di Eisenach, del partito dei marxisti, che per lunghi anni aveva lottato contro un altro partito operaio, quello lassalliano». (il corsivo è nostro).(19)
 
7. Marx ed Engels contro l'unificazione di Gotha
Nel 1875 a Gotha i due partiti operai, il lassalliano Adav (16.000 aderenti in quel momento) e lo Sdap marxista (9.000) si unificano e formano il Sapd (poi Spd).
È famosa la Critica che Marx scrive al programma di unificazione, perché è uno dei testi teorici più importanti di Marx sullo Stato. Però è meno noto che Marx ed Engels erano assolutamente contrari all'unificazione appunto perché non c'era una reale convergenza su un programma marxista.
È necessario ricostruire in sintesi questa vicenda fondamentale per comprendere la concezione di Marx ed Engels della costruzione del partito operaio marxista.(20)
Una delle frasi di Marx più citate (spesso rovesciandone il senso) è tratta dalla lettera a Wilhelm Bracke (5 maggio 1875) con cui Marx invia ai dirigenti dello Sdap la sua Critica alla bozza di programma di unificazione: «Ogni passo del movimento reale è più importante di una dozzina di programmi». Questa frase è stata usata infinite volte dagli opportunisti per legittimare la loro politica priva di coerenza con i principi di un programma marxista. Però nella frase seguente Marx continua così: «Se non si poteva dunque - e le condizioni del tempo non lo permettevano - andare oltre il programma di Eisenach, si sarebbe dovuto semplicemente concludere un accordo per l'azione contro il nemico comune. (...) Si sa che il semplice fatto dell'unificazione appaga gli operai, ma si sbaglia se si crede che questo successo momentaneo non sia stato comprato a un troppo caro prezzo».(21)
Cosa sta dicendo Marx? Che non è contrario alla prospettiva di una unificazione dei partiti operai, tuttavia, che la premessa indispensabile per questa unificazione è l'accordo su un programma come quello di Eisenach (cioè marxista). In assenza di ciò, bisognava limitarsi a «concludere un accordo per l'azione contro il nemico comune». Il "nemico comune" a cui si fa riferimento è la repressione che Bismarck aveva scatenato contro l'Adav e lo Sdap. Marx sta quindi dicendo che non era possibile fare un partito comune ma era ovviamente possibile fare "un accordo per l'azione", un fronte unico. Dunque a questa unificazione bisognava opporsi nonostante essa "appaga gli operai" di entrambi i partiti.
Questa semplice verità storica - cioè il fatto che Marx non si limitò a criticare il programma ma era assolutamente contrario a una unificazione in un unico partito operaio su un programma non marxista - è stata sempre occultata dalla Spd e in particolare dal suo principale storico, Franz Mehring (anche nella sua pessima biografia di Marx), che fu il curatore della pubblicazione con tagli e censure (cioè una vera e propria falsificazione) della prima pubblicazione delle lettere di Marx ed Engels, fino a quando Riazanov, su incarico di Lenin, non lavorò a un'edizione corretta.(22)
È solo studiando le lettere originali (che costituiscono i testi politici più importanti di Marx ed Engels, come aveva compreso Lenin) che si può comprendere meglio tutta questa vicenda.
Marx ed Engels non erano stati informati degli incontri che Wilhelm Liebknecht (Bebel era in carcere) stava facendo con i dirigenti lassalliani per progettare l'unificazione. Peraltro lo stesso Liebknecht in varie lettere a Engels dell'estate del 1874 lo rassicurava escludendo l'unificazione.
Quando Marx ed Engels vengono a sapere del progetto di unificazione e leggono la bozza di programma del futuro partito unificato reagiscono con rabbia e durezza e cercano di impedire l'unificazione. In una lettera del marzo 1875 a Bebel, Engels scrive: «Si dovrebbe riceverli in modo estremamente freddo e diffidente, far dipendere l'unificazione dal grado della loro buona disposizione a (...) accettare in sostanza il programma di Eisenach del 1869». Cioè, dice Engels, visto che i lassalliani non convergono sul programma marxista non si può unificarsi in un unico partito operaio. Ma vedendo che i dirigenti marxisti non sono disponibili a seguire i loro suggerimenti, Engels annuncia (nella stessa lettera) che se si farà l'unificazione su quel programma «Marx e io non potremo mai considerarci aderenti al nuovo partito creato su questa base, e dovremo riflettere molto seriamente quale posizione - anche pubblicamente - dovremo prendere nei suoi confronti».(23)
Dunque Engels, con il pieno accordo di Marx, annuncia che non solo non entreranno nel nuovo partito ma valuteranno anche come contrastarlo pubblicamente!
Il miglior biografo di Engels, Gustav Mayer, è tra i pochi a ricostruire correttamente la vicenda e scrive che il progetto di unificazione fu per Marx ed Engels «un colpo che terminavano di ricevere all'interno dello stesso movimento operaio tedesco». Per questo «Avevano utilizzato contro i loro amici tedeschi [cioè Liebknecht e Bebel, ndr] l'artiglieria pesante, minacciandoli di non entrare nel partito». Ma la minaccia non ha effetto e infatti Liebknecht risponde a Marx ed Engels (attraverso Bracke) con un'altra minaccia: «se non entrano nel partito o non lo riconoscevano, si sarebbero posti fuori dal movimento operaio».(24)
Alla fine Engels e Marx non rompono col partito solo perché sono completamente isolati e i socialisti tedeschi sono sotto il fuoco della repressione (che nel 1878 produrrà delle leggi speciali che mettono fuori legge il nuovo partito). In questa situazione i due amici non vedono altra possibilità che continuare a dare battaglia per la delimitazione programmatica dentro al nuovo partito. Sono convinti comunque e anzi auspicano che «questa unione porta in sé il germe della scissione», come scrive Engels a Bracke.(25)
Questa non fu una previsione del tutto sbagliata: se la scissione non ebbe luogo il costo dell'unità in un unico partito operaio fu una deriva opportunista che Marx ed Engels continueranno a combattere fino alla loro morte.
E se Marx ed Engels non pubblicano la Critica, ed Engels deciderà di pubblicarla solo molti anni dopo, è solo perché come spiega Engels: «gli asini dei giornali borghesi hanno preso del tutto sul serio questo programma (...) lo hanno interpretato come comunista. Gli operai sembrano fare lo stesso. È quest'unica circostanza che ha reso possibile a me e a Marx di non prendere pubblicamente le distanze da un tale programma».(26)
 
8. Francia, 1882: il sostegno di Marx ed Engels alla scissione del partito operaio
Nel 1882 in Francia si produce una rottura del Partito operaio francese (Pof).
Engels e Marx sostengono Guesde e la minoranza di sinistra del Pof che al Congresso di Saint-Etienne rompe con i "possibilisti" di Malon e Brousse.
Come scrive Engels a Bernstein in quei giorni: «è successo l'inevitabile: gli elementi incompatibili si sono divisi. E questo è un bene. All'inizio, al momento della fondazione del Parti ouvrier, era necessario ammettere tutti gli elementi che accettavano il programma [elaborato dai marxisti, ndr]: se lo facevano con qualche riserva mentale, si sarebbe visto in seguito. Noi qui non ci siamo mai illusi riguardo a Malon e a Brousse». In Germania, spiega Engels nella stessa lettera, «L'unificazione è diventata possibile solo quando la banda di truffatori appositamente allevata da Lassalle (...) si è logorata, e anche allora secondo noi l'unificazione è avvenuta troppo precipitosamente. In Francia, questa gente (... che) cerca di distorcere il carattere di classe del movimento (...) dovrà anch'essa giungere al logoramento prima che sia possibile una nuova unificazione. Predicare l'unificazione in circostanze simili sarebbe pura follia».(27)
E di nuovo una settimana dopo torna sul tema in una lettera a Bebel: «In Francia la scissione lungamente attesa è avvenuta. All'inizio, quando è stato fondato il partito, l'unione di Guesde e Lafargue con Malon e Brousse era forse inevitabile, ma io e Marx non ci siamo mai illusi che durasse. La controversia è assolutamente di principio: (...) si deve permettere, in modo opportunista (o possibilista) (...) che il carattere di classe del programma e del movimento sia abbandonato, ogni volta che ciò può consentire la conquista di più voti o di più 'seguaci'? Malon e Brousse si sono dichiarati a favore [di ciò], sacrificando così il carattere di classe del movimento e rendendo inevitabile la scissione. È anche un bene».(28)
E ancora, in una lettera a Bernstein, Engels precisa: «Non c'è da meravigliarsi che Malon abbia raccolto un vasto pubblico con la brodaglia dei suoi considerando senza programma. Ma se si fonda un partito senza programma, in cui ognuno può dire la sua, questo non è più neanche un partito. (...) Essere momentaneamente in minoranza - in quanto organizzazione - con un programma giusto è sempre meglio che avere, senza programma, un vasto seguito».(29)
E ancora, dopo il fallimento dei tentativi di conciliazione tra marxisti e possibilisti, commenta in una lettera del 20 luglio 1889 che "i sentimentali" si sono presi "una bella pedata nel sedere", che forse "li curerà per un po'".(30)
Cioè se guariscono dall'idea sbagliata del partito unico operaio.
 
9. Le ultime battaglie di Marx ed Engels contro il partito unico degli operai
La formazione marxista del gruppo dirigente tedesco che si considerava "marxista" fu tardiva e basata essenzialmente sulla lettura dell'Anti-Duhring di Engels, che viene pubblicato nel 1878 e che ha per l'autore proprio lo scopo di chiarire la confusione dei "marxisti" tedeschi.
Engels era consapevole della debolezza teorica dei dirigenti marxisti in Germania (si pensi alle critiche molto pesanti che, nelle sue lettere, rivolge a Liebknecht) e anche che questa confusione, unita alla crescita molto rapida del partito e del suo apparato, e alla crescita nelle istituzioni borghesi (20% dei voti nel 1890), ampliava i rischi di una deriva opportunista della Spd.(31)
Inoltre, pur essendo minoritaria, c'era già nel partito una importante componente riformista (diretta da Hockberg). Marx ed Engels non teorizzavano in alcun modo una convivenza nello stesso partito con questa componente.
Il testo più importante della loro battaglia in questo periodo per sostenere una demarcazione programmatica e una rottura organizzativa con i riformisti è la Circolare del settembre 1879.
Qui scrivono: «Il Partito socialdemocratico dunque, secondo il modo di vedere di questi signori, non dev'essere un partito operaio unilaterale, bensì un partito universale 'di tutti gli uomini animati da vera filantropia'. (...) In breve: la classe operaia da se stessa è incapace di liberarsi. Per questo scopo deve porsi sotto la direzione di borghesi 'colti e abbienti', i soli che 'hanno l'occasione e il tempo' per familiarizzarsi bene con le cose che giovano ai lavoratori. E, in secondo luogo, la borghesia non va (per carità!) combattuta ma - per mezzo di un'energica propaganda - conquistata. (...) Se questi signori si costituiscono come partito socialdemocratico piccolo-borghese, sono nel loro pieno diritto; si potrebbe allora trattare con loro, a seconda delle circostanze fare delle alleanze, ecc. In un partito operaio essi sono invece un elemento di mistificazione. Se per il momento ci sono dei motivi per tollerarveli, corre l'obbligo di sopportarli soltanto, di non consentire loro alcuna influenza sulla direzione del partito, di rimanere coscienti del fatto che la rottura con loro è solo questione di tempo. Questo tempo pare del resto arrivato. Ci riesce incomprensibile come il partito possa tollerare più a lungo nel proprio seno gli autori di questo articolo (...). Per quanto ci riguarda, dopo tutto quanto abbiamo alle spalle, ci rimane solo una via. (...) Se il nuovo organo del partito assumerà un'impostazione conforme alle convinzioni di quei signori (...) non ci rimarrà altro da fare, per quanto ci possa dispiacere, che dichiararci pubblicamente contrari e scioglierci dal legame di solidarietà con cui abbiamo rappresentato finora il partito tedesco all'estero. Tuttavia speriamo che non si arrivi a ciò».(32)
E poco dopo Engels insiste in una lettera a Bebel: «Continuate a riconoscere, ora come prima, quella gente come compagni di partito. Noi non possiamo farlo».(33)
Il tema della rottura con i riformisti, dell'impossibilità di costruire un partito operaio unico con loro, è il leitmotiv di tutte le lettere di Engels di quel periodo. Citiamo a caso (si potrebbe andare avanti per pagine intere): «Sul fatto che un giorno si arriverà (...) a una scissione tra l'ala destra e quella sinistra (...) l'avevo già considerato come auspicabile nel mio commento manoscritto all'articolo dello Jahrbuch».
Engels si riferisce a un articolo del giovane Bernstein (prima che si avvicinasse alle posizioni marxiste, per poi allontanarsene di nuovo dopo la morte di Engels) pubblicato nell'agosto 1879 in cui è sostenuta una posizione riformista e ostile al carattere rivoluzionario del partito. Engels aggiunge in questa stessa lettera del 1882 a Bebel che se non affrettano la scissione è solo perché le leggi anti-socialiste impediscono di "discutere pubblicamente della scissione".
E ancora: «Una volta che si saranno organizzati come ala destra separata, potremo, se e quando si presenterà l'occasione e nella misura in cui ciò sarà ammissibile, concordare con loro un'azione comune (...). Ma probabilmente non sarà necessario: sarà la stessa scissione a mettere allo scoperto la loro impotenza».(34)
Nel giugno 1884 scrive a Bernstein: «La scissione [dall'ala destra della Spd, che controlla i parlamentari] deve essere organizzata in modo tale che noi continuiamo a portare avanti il vecchio partito e loro escano o vengano buttati fuori». Per questo suggerisce di preparare con cura la scissione e, se possibile, farla esplodere quando cesseranno le leggi speciali. La scissione «deve essere preparata in modo che perlomeno Bebel sia d'accordo e vi segua subito». Assicurarsi il controllo del Sozialdemokrat (il principale giornale del partito), eccetera.(35)
E ancora insiste sulla necessità di espellere la destra del partito: «E ai signori dell'ala destra [della Spd] è noto che essi sono ancora tollerati soltanto a causa della legge contro i socialisti e che, il primo giorno in cui il partito ritroverà la sua libertà di movimento, verranno espulsi dalle sue file».(36)
Nel 1891, quando si avviò la discussione per un nuovo programma del partito, Engels decise di sferrare un nuovo attacco alle posizioni opportuniste del centro (cioè a quelle che avevano portato all'unificazione a Gotha) e pubblicò su Die Neue Zeit la Critica al programma di Gotha che Marx aveva scritto nel 1875. Fino ad allora il testo era conosciuto solo dal più ristretto gruppo dirigente. La pubblicazione della Critica sarà il principale strumento di Engels per dare battaglia contro il permanere nel partito di posizioni opportuniste, e per far sì, come scrive Mayer, che finalmente «il nuovo programma del partito fosse un programma marxista».(37)
Liebknecht fece di tutto per impedire la pubblicazione del testo e, non riuscendovi, rispose con un editoriale del Vorwarts respingendo le critiche di Marx. Ma grazie alla Critica di Marx e a un nuovo testo di Engels rivolto ai dirigenti, Critiche del progetto di programma di Erfurt,(38) fu possibile cestinare la prima bozza di programma (ancora influenzata dal lassallismo) e, in stretta consultazione con Engels, Kautsky e Bernstein (che ora aveva cambiato posizioni ed era il principale collaboratore di Engels) riscrissero il programma.
A Erfurt, con un grave ritardo, la Spd varò il suo primo programma su basi sostanzialmente marxiste (al di là di qualche limite che Engels non riuscì ad eliminare). Un programma che Lenin rivendicava e proponeva di "imitare" per scrivere il programma della socialdemocrazia russa.(39)
 
10. Marx teorico del "partito unico" della classe operaia?
In molti, pur da posizioni diverse, sostengono che Marx ed Engels avevano una concezione del "partito unico" della classe operaia, cioè di un unico partito per tutte le correnti del movimento operaio, senza distinzione organizzativa tra riformisti e rivoluzionari. E che Lenin (e, secondo alcuni, solo dal 1917) per primo avrebbe teorizzato e praticato il partito delimitato dei rivoluzionari.
I primi a introdurre questa concezione furono gli stalinisti: per questo ridussero l'esperienza della Seconda Internazionale al kautskismo nella sua fase opportunista; per questo inventarono la leggenda di una "carenza" di elaborazione politica di Marx ed Engels, ridotti a economisti e filosofi, negando il loro ruolo storico che è invece indissolubilmente legato alla loro attività di dirigenti di partito. Questa leggenda è stata successivamente diffusa dal riformismo tanto che oggi in molti pretendono di dividere l'elaborazione teorica di Marx ed Engels dalla loro pratica militante.
Tutto il carteggio di Marx ed Engels tra loro e con gli altri dirigenti del movimento comunista internazionale è una miniera - in gran parte ancora inesplorata (e in parte inedita in molte lingue) - che dimostra, viceversa, come disse Engels in morte di Marx, che Marx (ma vale anche per Engels) fu in primo luogo un dirigente rivoluzionario, cioè un costruttore di partiti.
La tesi di un Marx teorico del "partito unico" operaio (cioè ostile alla costruzione di un partito separato dei rivoluzionari) è anche alla base dei "nuovi partiti anticapitalisti", teorizzati dal Segretariato Unificato, che pretendono di "tornare a Marx" e "alla Prima Internazionale".
Con un orizzonte simile sostengono questa tesi ad esempio Roberto Robaina del Psol brasiliano,(40) Henrique Canary del Mais brasiliano(41) e altri. Robaina e Canary si spingono più in là, sostenendo che almeno fino al 1912 (o persino fino al 1917) anche Lenin faceva parte di un "partito unico" e il bolscevismo costituiva solo una frazione all'interno di un unico partito in cui convivevano, pur scontrandosi, bolscevichi e menscevichi.
Ma la interpretazione storica di un Marx teorico del "partito unico" operaio è stata ripresa anche da chi ritiene necessario costruire il partito delimitato, programmaticamente e organizzativamente, dei rivoluzionari, contrapposto ai partiti riformisti e centristi. Anche nel dibattito interno della Lit è emersa questa interpretazione (sostenuta da Nahuel Moreno) che va invece ridiscussa alla luce dello studio e, secondo noi, respinta.
Quasi tutti usano, tra gli argomenti a difesa di questa lettura della storia, una frase del Manifesto del 1848: «I comunisti non costituiscono un partito particolare (secondo alcune traduzioni: non costituiscono un partito distinto o separato) dagli altri partiti politici».(42)
Volendo in un primo momento ignorare il contesto per limitarci al testo del Manifesto, bisogna intanto far notare che:
1) nelle frasi precedenti e in quelle successive Marx elenca tutte le cose che distinguono i comunisti dagli altri partiti operai (la distinzione con la borghesia e i suoi partiti è fatta nel primo capitolo del Manifesto: "Borghesi e proletari"). Persino nella frase "incriminata" Marx parla di "altri partiti" operai e infatti aggiunge che «I comunisti si distinguono dagli altri partiti proletari»... e poi inizia un elenco di ciò che li distingue: il programma, la capacità di definire le prospettive del movimento, l'internazionalismo. Per questo i comunisti - e solo loro - rappresentano "sempre l'interesse generale del movimento" e il futuro del movimento operaio;
2) se leggiamo la versione originale in tedesco scopriamo che è molto diversa dalla gran parte delle traduzioni. La frase "incriminata", che in quasi tutte le traduzioni (in spagnolo, portoghese, francese, inglese, italiano) è spezzata in più frasi, è una frase unica con varie subordinate.
Una traduzione letterale già sarebbe sufficiente a eliminare in parte l'equivoco perché Marx non dice che i comunisti "non si separano" ma al contrario che "si differenziano dai rimanenti partiti proletari unicamente per..." (Unterscheiden sich), a cui segue l'elenco di ciò che li distingue.
In altre parole, la gran parte delle traduzioni introduce una contraddizione logica che non c'è nel testo originale: non avrebbe senso infatti che Marx affermasse che i comunisti non costituiscono un partito separato per poi parlare di "altri partiti operai";
3) ma non è un problema solo di traduzione: la frase in effetti può apparire ambigua, per quanto leggendo tutto il testo si capisce che Marx sta semplicemente polemizzando con le "sette" socialiste che pretendevano di calare un loro progetto particolare sulla realtà, invece di partire dall'analisi della società capitalistica;
4) in ogni caso la parziale ambiguità del testo è già stata spiegata dal più grande studioso bolscevico di Marx: David Riazanov. È stato Riazanov a  precisare: «Le parole 'i comunisti non formano un partito distinto dagli altri partiti operai' potrebbero dar origine oggi a equivoci. Si potrebbe pensare, giudicando da esse, e, in effetti, così le hanno erroneamente interpretate alcuni, che Marx ed Engels erano fondamentalmente ostili alla creazione di un partito comunista contrapposto agli altri partiti della classe operaia. Tuttavia, queste parole vanno interpretate senza errore alla luce delle circostanze storiche in cui visse la Lega dei comunisti».(43)
Riazanov spiega che la frase apparentemente ambigua serviva per lasciare spazio alla frazione dei Fraternal Democrats che stava facendo una specie di "entrismo", diretto dalla Lega dei comunisti, nel movimento cartista inglese, essendosi per questo costituita come "partito nel partito";
5) infine è bene ricordare che il titolo completo del Manifesto è Manifesto del Partito comunista e che fu scritto per un partito che era distinto, separato, dagli altri partiti operai e che non cercava di diventare il "partito unico" della classe operaia. Quel partito per cui fu scritto il Manifesto si chiamava Lega dei comunisti e fu il prodotto - come abbiamo visto nelle prime parti di questo testo - di una battaglia di demarcazione programmatica e organizzativa di Marx ed Engels. Nacque da una scissione dei soli comunisti dal partito operaio.
Ma la cosa più importante da osservare è che se si vuole addebitare la teoria del "partito unico operaio" a Marx ed Engels bisogna ignorare tutta la loro battaglia di demarcazione programmatica e di scissione organizzativa dalle altre forze (riformiste e centriste) del movimento operaio. Tutta la storia politica di Marx ed Engels è la storia di scissioni e fusioni e risulterebbe incomprensibile se davvero avessero ragionato nei termini del "partito unico" operaio.
In questo articolo abbiamo fornito, crediamo, elementi che provano abbondantemente questo. Riassumiamo, Marx ed Engels: a) non entrano nella Lega dei giusti e rimangono fuori con un piccolo nucleo (il Comitato di corrispondenza); b) entrano nella Lega solo quando è possibile scindersi dai riformisti, distruggere politicamente la vecchia Lega di Weitling per costruire sulle sue ceneri un partito comunista delimitato da un programma marxista (il Manifesto) e con un nome che lo demarca dagli altri partiti operai: Lega dei comunisti; c) nel 1850 incoraggiano la rottura organizzativa nel cartismo inglese tra l'ala rivoluzionaria e quella di O'Connor(44); d) nel 1852 si scindono dall'ala centrista ultrasinistra di Willich e Schapper; e) partecipano alla costruzione della Prima Internazionale (1864) senza accettare nessun compromesso sul programma (è Marx a scrivere l'Indirizzo inaugurale, un testo pienamente marxista); f) non concepiscono l'Ail come un "fronte" tra rivoluzionari e riformisti ma al contrario fanno battaglia per rompere (in un continuo processo di scissioni da loro alimentato, che non avrebbe senso se pensavano a un "partito unico" della classe operaia) con tutte le correnti riformiste e centriste che mantenevano una adesione solo formale al programma marxista fondativo; g) quando la situazione lo permette (grazie alla lezione della Comune, che per questo e solo per questo è uno degli avvenimenti più importanti della storia operaia) sciolgono l'Ail e pongono fine a quella che fu una specie di battaglia "entrista" sui generis, ed escono dall'Ail con lo stesso programma con cui erano entrati: il programma marxista della dittatura del proletariato e della necessità di un partito centralizzato e delimitato da tutte le altre correnti; h) chiusa l'esperienza dell'Ail, si impegnano fino alla morte (1883 Marx; 1895 Engels) a costruire un'Internazionale e partiti marxisti, come sintetizza Engels in una nota lettera a Sorge;(45) i) coerentemente con questa impostazione, cioè volendo costruire il partito separato dei comunisti, Marx ed Engels non entrano nel partito operaio di Lassalle (Adav) e costruiscono un altro partito operaio ad Eisenach; l) nel 1875 non si limitano a criticare il programma di unificazione ma fanno battaglia, per quanto fossero isolati, contro l'unificazione in un unico partito operaio in Germania; m) in Francia sostengono la scissione del partito operaio e la costruzione di un partito dei soli comunisti; m) in ogni altra battaglia (nel testo ci siamo limitati a citare le principali) si battono costantemente contro la costruzione di un partito unico operaio basato su programmi di mediazione tra riformisti e rivoluzionari. Ovunque applicano "lo spirito di scissione".
Per affermare il contrario di quanto abbiamo provato, è necessario fare una falsa ricostruzione della battaglia di Marx ed Engels dal 1848 in poi. È in effetti quanto fa ad esempio Canary (nel testo citato) quando sostiene che «Marx ed Engels, anche dopo aver elaborato le basi generali della loro concezione, a metà degli anni 1840 entrarono nella Lega dei giusti, una setta socialista-utopica il cui motto era 'Tutti gli uomini sono fratelli' (...) basata nell'ideale dell'amore per il prossimo». E poi, sempre secondo Canary, nell'Ail «marxisti e anarchici convissero durante molti anni in una lotta che esprimeva due visioni del mondo».
Questa ricostruzione storica può essere utile per sostenere le teorie politiche di Canary ma non ha nessuna corrispondenza con la verità storica.
Canary (e tanti altri centristi che si definiscono "trotskisti") pretendono di dire che prima di poter costruire un partito indipendente dei comunisti è necessario "uscire dalla marginalità" partecipando alla costruzione di "partiti unici" operai. Per questo, sostiene, non sempre i rivoluzionari possono delimitarsi dai partiti riformisti. Scrive sempre Canary (che precisa di non star parlando di "entrismo"): «In realtà, la storia del movimento rivoluzionario è piena di situazioni in cui i rivoluzionari sono stati obbligati, dalle condizioni oggettive, a integrarsi in organizzazioni che non avevano un programma rivoluzionario».
La teoria è sbagliata ma cercare di sostenerla appoggiandosi nell'esperienza di Marx ed Engels implica affermare una "verità" immaginaria. Se avessero condiviso la teoria di Canary, Marx ed Engels avrebbero potuto "uscire dalla marginalità" accettando la proposta di Lassalle di dirigere l'Adav, non avrebbero rotto la Lega dei giusti, avrebbero accettato un programma comune nell'Ail con le altre correnti, avrebbero sostenuto l'unificazione di Gotha, non avrebbero combattuto in ogni modo per costruire rotture programmatiche e organizzative dalle altre correnti...
Ma Marx ed Engels avevano una teoria opposta a quella di Canary (e del Psol, del Su, ecc.), per questo non fecero niente di tutto questo.
Lenin era pienamente consapevole di questo e non solo non ha mai attribuito a Marx la concezione del "partito unico" della classe operaia ma ha messo in guardia contro una simile interpretazione. In una importante introduzione a una raccolta di lettere di Marx ed Engels ha infatti riassunto, una dopo l'altra, tutte le battaglie di demarcazione programmatica e organizzativa di Marx ed Engels per costruire il partito dei soli rivoluzionari. Commenta ad esempio Lenin a proposito dell'atteggiamento di Engels sulla scissione in Francia (di cui abbiamo parlato sopra): «Engels esulta (lettera del 17 luglio 1889). Egli si rallegra che i piani di conciliazione e le proposte di Liebknecht e di altri siano falliti (lettera del 20 luglio 1889)». Poi Lenin ironizza contro "gli ammiratori d'un largo partito operaio" che avevano la pretesa di addebitare questa concezione a Marx ed Engels.(46)
Ancora più assurdo è cercare di fondare la teoria del "partito unico" (seppure per un presunto "obbligo" dettato dalle "condizioni obiettive") individuando questa pratica in Lenin. Chi lo fa cerca di sostenere che bolscevichi e menscevichi costituirono fino al 1912 (o perfino fino al 1917, secondo alcuni) un unico partito.
È vero che il percorso storico della socialdemocrazia russa è apparentemente fatto di vari momenti di rottura e di unificazione e che formalmente il Partito comunista russo (bolscevico) si costituì solo dopo la Rivoluzione d'ottobre con questo nome. Ed è vero anche che dopo la prima rottura del 1903 tra bolscevichi e menscevichi ci furono diversi periodi di unificazione parziale; così come è vero che anche dopo la nuova rottura del 1912 ci furono momenti (a livello locale specialmente) di unità che durarono fino al 1917, prima del ritorno di Lenin. Ma non si devono confondere le apparenze e la forma con la sostanza. La realtà storica è diversa e Lenin fu il primo a negare una interpretazione abusiva. Nell'Estremismo (1920) scrive: «il bolscevismo, come corrente del pensiero politico e come partito politico, esiste dal 1903».(47)
E per chi non avesse capito, il dirigente trotskista James Cannon aggiunge: «La frazione di Lenin era in realtà un partito».(48)
Dividere il movimento operaio secondo linee programmatiche, frazionarlo, sconfiggere politicamente il riformismo e il centrismo (che portano nel movimento operaio l'ideologia borghese), per poter poi unire i lavoratori contro la borghesia sulla base del programma rivoluzionario, costruendo un partito rivoluzionario di avanguardia, operaio, capace di egemonizzare vaste masse proletarie e condurle alla conquista del potere attraverso la rottura rivoluzionaria della macchina statale borghese e la sua sostituzione con la dittatura del proletariato, cioè con il governo degli operai. Nessuna illusione su una "unità della sinistra", nessuna idea di unire riformisti e rivoluzionari su programmi "intermedi", che nei fatti sono inevitabilmente programmi riformisti; nessuna idea di fronti permanenti coi riformisti: i fronti solo come tattica episodica (e riservata al momento dell'azione e solo verso le organizzazioni maggioritarie della classe) per unire la classe nelle lotte e smascherare i dirigenti opportunisti.
Questo è stato per quarant'anni il metodo generale di Marx ed Engels: la scuola i cui insegnamenti furono tramandati (più nei testi che nella pratica) dalla Spd e dal Kautsky marxista e poi sviluppati dal bolscevismo.
Per questo nei testi di Lenin dei primi anni del bolscevismo si trova continuamente il concetto di "fare come il partito di Bebel e Kautsky" o "dobbiamo parlare tedesco". Ancora nel 1914 Lenin scrive: «Per la socialdemocrazia della Russia, perfino un po' più che per quella di tutto il mondo, la socialdemocrazia tedesca è stata nel corso degli ultimi decenni un modello».(49)
E ancora, nel luglio 1905, in polemica con Struve, Lenin scrive: «Dove e quando ho preteso di creare nella socialdemocrazia internazionale una tendenza particolare, non identica a quella di Bebel e Kautsky?».(50)
Il bolscevismo nasce come continuazione e superamento nel percorso che abbiamo sopra sintetizzato. Ma non è tutto: Lenin si ispira alla Spd ma a una Spd idealizzata e che, mentre Lenin sviluppava il Partito bolscevico, si spostava progressivamente sempre più a destra. Ecco così che pensando di costruire una Spd in Russia Lenin nei fatti faceva qualcosa di diverso e di "nuovo". Ma non di nuovo in relazione ai principi di fondo già espressi da Marx ed Engels: di nuovo in relazione alla revisione che stava operando la Spd.
Ispirandosi alla Spd Lenin non vedeva il progressivo allontanamento dal marxismo del partito tedesco. Già nel 1905, ad esempio, la Spd ha 300.000 aderenti ma non con reali criteri militanti: la gran parte delle strutture avevano la forma di comitati elettorali. Ma questo non come prodotto di una revisione teorica: come modalità per aggirare le leggi repressive dell'Impero. Però questa modalità produceva a sua volta, alimentava, la deriva opportunista.
Lenin si accorge dopo di Rosa Luxemburg che nella "ortodossia" kautskiana ci sono crepe che si vanno ingrandendo: tanto sul tema dello Stato così come su quello del partito.
Cannon ha secondo noi pienamente spiegato la apparente contraddizione tra Lenin che imita la Spd e concretamente costruisce un modello di partito da cui la Spd si stava allontanando: «Lenin (...) posteriormente si vide forzato a riconoscere che il suo concetto di partito d'avanguardia, che originalmente non era niente di più che la versione russa del partito tedesco, in realtà era qualcosa di nuovo: lo sviluppo e l'applicazione della teoria marxista del partito nell'epoca attuale della lotta per il potere».(51)
Dunque il bolscevismo era al contempo continuità e rottura: continuità con il progetto di Marx ed Engels e "qualcosa di nuovo" rispetto all'applicazione concreta e rovesciata con cui il kautskismo nel suo allontanamento dal marxismo andava applicando in forma sempre più opportunista il marxismo.
Per questo Trotsky, nell'articolo che pubblica alla morte di Kautsky, scrive, senza contraddizione:
«Ricordiamo Kautsky come un nostro antico maestro, al quale un tempo fummo debitori. Però egli si allontanò dalla rivoluzione proletaria e, di conseguenza, dovemmo allontanarci da lui».(52)
 

Note
(1) K. Marx: «Si deve riconoscere che il proletariato tedesco è il filosofo del proletariato europeo, così come il proletariato inglese è l'economista e il proletariato francese il politico», articolo del 1844 sul Vorwarts, citato in M. Dommanget, L'Introduction du marxisme en France, Rencontre, 1969, p. 33.
(2) F. Buonarroti, Cospirazione per l'Eguaglianza detta di Babeuf (1828), Einaudi, 1971.
(3) Per approfondire il tema delle lotte di classe nella rivoluzione francese si vedano in particolare: D. Guérin, La lutte des classes sous la première République (1946), Gallimard, 1968, e A. Soboul, Les sans-culottes parisiens en l'an II, Librairie Clavreuil, 1958. Per una sintesi e altre indicazioni bibliografiche rimandiamo al nostro: F. Ricci, "Francia, 1789-1797. Come è nato il primo partito comunista della storia", in Trotskismo oggi, n. 3, 2013.
(4) K. Marx, Critica moralizzante (1847), ed. Newton Compton, 1974.
(5) V. Daline, ha dedicato molti studi a Babeuf, fin dagli anni Trenta (prima di essere rinchiuso per oltre dieci anni in un gulag). La sua opera più completa sul tema è: Gracchus Babeuf a la veille et pendant la Révolution française, ed. du Progrès, 1987. Sullo stesso argomento si può leggere di Dommanget, specialista di Blanqui e militante dell'Opposizione trotskista, Babeuf et la conjuration des égaux (1922), Spartacus, 1969.
(6) K. Marx, Il Capitale, Libro I, sezione 8, Editori Riuniti, 1967.
(7) F. Engels, Anti-Duhring (1878), Editori Riuniti, 1985, p. 25.
(8) Sull'insurrezione e la dittatura proletaria dei Canuts di Lione si vedano in particolare gli studi di F. Rude: L'insurrection lyonnaise de novembre 1831. Le Mouvement ouvrier a Lyon de 1827 – 1832, Editions Antrophos, 1969; Les révoltes des Canuts (1831-1834), Maspero, 1982.
9) F. Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra, ed. Lotta Comunista, 2011.
(10) Per una sintesi della battaglia di Marx ed Engels nella Lega rimandiamo al nostro: F. Ricci, "La Lega dei comunisti e il Manifesto", in Trotskismo oggi, n. 6, 2014. Per approfondire si può leggere: G.M. Bravo, Da Weitling a Marx. La Lega dei comunisti, La Pietra, 1977.
(11) D. Riazanov, Marx e Engels (1922), ed. Samonà e Savelli, 1972, il riferimento è nella Quarta conferenza.
(12) Per una sintesi della battaglia di Marx ed Engels nella Prima Internazionale rimandiamo al nostro: F. Ricci, "La battaglia di Marx per guadagnare la Prima Internazionale al comunismo", in Trotskismo oggi, n. 5, 2014. Molto documentato è: A. Arru: Classe e partito nella Prima Internazionale, De Donato, 1972.
(13) K. Marx, lettera a Bolte, 23 novembre 1871.
(14) F. Mehring, Karl Marx (1918), la più recente edizione italiana è per i tipi di Shake, 2012.
(15) Una delle più complete raccolte con i testi della Prima Internazionale è in italiano, curata da G.M. Bravo: La Prima Internazionale. Storia documentaria (in due volumi), Editori Riuniti, 1978. M. Musto ha di recente raccolto i testi principali in Lavoratori di tutto il mondo, unitevi!, Donzelli, 2014.
(16) Per approfondire il tema della Comune di Parigi rimandiamo a due nostri testi: F. Ricci, "La Comune di Parigi (1871): premessa della Comune di Pietrogrado (1917)”, in Trotskismo oggi, n. 1, 2011 e al recente: "1871-1917: ¿Por qué los bolcheviques estudiaron la Comuna de París para hacer el Octubre?" disponibile sul sito della Lit-Quarta Internazionale a questo link http://litci.org/es/teoria/1871-1917-por-que-los-bolcheviques-estudiaron-la-comuna-de-paris-para-hacer-el-octubre/
(17) K. Marx, lettera a Engels, 28 gennaio 1863, in Carteggio Marx - Engels (in 6 volumi), Edizioni Rinascita, 1951, volume IV, p. 157.
(18) Tra i libri recenti su Lassalle e il suo partito il più documentato (per quanto l'autrice non sia marxista) è: S. Dayan-Herzbbrun, L'invention du parti ouvrier. Aux origines de la socialdemocratie (1848-1864), Harmattan, 1990. Si può leggere anche: J. Rovan, Histoire de la Social-democratie allemande, Seuil, 1978.
(19) V.I. Lenin, "August Bebel", (1913), in Opere complete, Ed. Rinascita, 1954, vol. 19, p. 267 e sgg. (in queste note citiamo sempre da questa edizione).
(20) Per uno studio approfondito del dibattito relativo al Congresso di Gotha è importante: Il Congresso di Gotha: partito operaio e socialismo, Annali della Fondazione Lelio e Lisli Basso, volume 3, 1977, edizione Franco Angeli, che raccoglie gli atti di un convegno cui hanno partecipato tutti i più grandi specialisti della socialdemocrazia tedesca.
(21) K. Marx, lettera a Wilhelm Bracke, 5 maggio 1875, in Critica al Programma di Gotha, Massari editore, 2008, p. 29-31.
(22) Con riferimento all'edizione falsificata delle lettere di Marx ed Engels pubblicata da Mehring, Riazanov ha scritto: «C'era da sperare che i quattro volumi di questa corrispondenza fossero pubblicati tenendo in conto criteri scientifici (...). Al contrario, l'edizione della quale Bernstein e Mehring sono responsabili è al di sotto di qualsiasi critica. A partire dagli innumerevoli brani che gli editori hanno eliminato dalla corrispondenza, senza neppure informare... Non c'è una sola lettera che queste mani profane non abbiano cercato di modificare. Le espressioni forti di Marx ed Engels sono state addolcite o persino soppresse dal testo». Sulla censura e i tagli fatti da Bernstein con la collaborazione di Mehring si veda: “Communication sur l’héritage littéraire de Marx et Engels” (1923), disponibile in francese sul sito www.persee.fr/doc/ homso_0018-4306_1968_num_7_1_
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La citazione riportata in questa nota è stata da noi tradotta dal francese.
Sul lavoro fondamentale fatto da Riazanov per restituirci nella loro versione originale le lettere di Marx ed Engels e altri preziosi testi dei due amici, rimandiamo al nostro: F. Ricci, "David Riazanov: el mayor divulgador de Marx y Engels", pubblicato sul sito della Lit a questo link http://litci.org/es/teoria/david-riazanov-el-mayor-divulgador-de-marx-y-engels/
(23) F. Engels, lettera a Bebel, 18-28 marzo 1875, in Critica al Programma di Gotha, op. cit., p. 88 e sgg.
(24) Vedi G. Mayer, Friedrich Engels, una biografia (1936), nostra traduzione dall'edizione integrale in traduzione spagnola: citiamo qui dalle pagine 639 - 640.
(25) Citiamo sempre da Mayer, p. 840.
(26) F. Engels, lettera a Bebel, 12 ottobre 1875 in Marx-Engels, Lettere 1874-1879, edizioni Lotta Comunista, 2006, p. 79.
(27) F. Engels, lettera a Bernstein, 20 ottobre 1882, in Lettere 1880-1883, edizioni Lotta Comunista, 2008, p. 267.
(28) F. Engels, lettera a Bebel, 28 ottobre 1882, in Lettere 1880-1883. Ivi, p. 273.
(29) F. Engels, lettera a Bernstein, 28 novembre 1882, in Lettere 1880-1883. Ivi, p. 302.
(30) F. Engels, lettera del 20 luglio 1889 a Sorge, commentata con soddisfazione da Lenin nella sua "Prefazione al Carteggio di Engels con Sorge e altri", articolo del 6 aprile 1907, nelle Opere complete, vol. 12, p. 328 e sgg.
(31) Sull'ultima battaglia di Engels contro il gradualismo e il nascente opportunismo nella Spd rimandiamo al nostro: F. Ricci: "Il 'testamento' falsificato di Engels: la leggenda più amata dagli opportunisti", in Trotskismo oggi, n. 9, 2016.
(32) Marx ed Engels, Circolare a Bebel, Liebknecht, Bracke e altri (17-18 settembre 1879, in Lettere 1874-1879, edizioni Lotta Comunista, 2006, p. 327).
(33) F. Engels, lettera a Bebel, 16/12/79, in Lettere 1874-1879 (Ivi, p. 356).
(34) F. Engels, lettera a August Bebel, 21 giugno 1882, in Lettere 1880-1883, op. cit. p. 222.
(35) F. Engels, lettera a Bernstein, 5 giugno 1884, in Lettere aprile 1883- dicembre1887, edizioni Lotta Comunista, 2009, p. 114.
(36) F. Engels, lettera a Sorge, 3 marzo 1887, in Lettere aprile 1883- dicembre1887. Ivi, p. 449.
(37) Vedi G. Mayer, Friedrich Engels, una biografia (1936), p. 840 dell'edizione in spagnolo, ediciones Fce, 1978.
(38) Le osservazioni critiche di Engels alle prime bozze del testo sono note come Critiche del progetto di programma di Erfurt, inviate da Engels a Kautsky il 29 giugno 1891, e poi girate all'insieme del gruppo dirigente. Il testo fu pubblicato su Die Neue Zeit solo nel 1901.
(39) Il giudizio positivo di Lenin sul programma definitivamente approvato ad Erfurt: si trova in: "Progetto e spiegazione del programma del Partito socialdemocratico", (1899), in Opere complete, vol. 2, p. 83 e sgg.
(40) Vedi R. Robaina, "Um programa democratico e anti-imperialista para a revolucao socialista brasileira".
(41) H. Canary, "Partitos revolucionarios e partidos reformistas", Cadernos de Debates n. 5 do Mais, novembre 2016.
(42) Questa polemica si è sviluppata nel Seminario internazionale "Organizzazione e struttura di partito": gli atti sono pubblicati in Marxismo Vivo, n. 4, 2014.
Il riferimento di Moreno è in "Problemas de Organizacion" (1984), disponibile su internet in spagnolo a questo link: www.nahuelmoreno.org/pdf/problemas_organizacion.PDF
Qui Moreno scrive: «Con l'obiettivo di realizzare il compito politico fondamentale di rendere indipendente il proletariato dalla borghesia, Marx, insieme ad Engels, sostenne la concezione organizzativa del partito unico della classe operaia (...). La concezione organizzativa di Marx ed Engels sul partito unico della classe operaia fu poi superata dall'esperienza della rivoluzione russa e del Partito bolscevico» (nostra traduzione dall'originale in spagnolo).
Poi Moreno (nello stesso testo) attribuisce la stessa concezione a Rosa Luxemburg: come abbiamo cercato di dimostrare più sopra in questo testo, anche questa attribuzione è infondata. Scrive Moreno: «la gran rivoluzionaria tedesca Rosa Luxemburg non accettò la divisione dei partiti socialisti né che i rivoluzionari dovessero avere una propria organizzazione».
(43) D. Riazanov, Notas aclaratorias (in Biografia del Manifiesto Comunista, Editorial Mexico, 1949), nostra traduzione dall'edizione in spagnolo citata (non siamo a conoscenza di una edizione in italiano).
(44) Nell'Indirizzo del CC della Lega dei comunisti del giugno 1850 Marx ed Engels scrivono: «I leader dell'ala rivoluzionaria dei Chartisti sono anche in stretto contatto con i delegati del Comitato centrale. (...) La rottura tra questo partito rivoluzionario e indipendente dei lavoratori e la fazione guidata da O'Connor, che tende più verso una politica di riconciliazione, è stata notevolmente accelerata dai delegati della Lega». Nostra traduzione dalla versione in inglese reperibile a questo link
marxists.catbull.com/archive/marx/works/1847/communist-league/1850-ad2.htm
(45) F. Engels, lettera a Sorge, 12 settembre 1874, in Lettere 1874-1879, edizioni Lotta Comunista, 2006, p. 34.
(46) V.I. Lenin, "Prefazione al Carteggio di Engels con Sorge e altri", op. cit.
(47) V.I. Lenin, L'Estremismo, malattia infantile del comunismo (1920), ed. Lotta Comunista, 2005.
(48) J. Cannon, "Factional struggle and Party leadership".(1953), disponibile in internet a questo link https://www.marxists.org/archive/cannon/works/1953/facstrug.htm
(49) V.I. Lenin, "Sciovinismo morto e socialismo vivo" (1914), in Opere complete, vol. 21, p. 83 e sgg.
(50) V.I. Lenin, "Due tattiche della socialdemocrazia" (1905), in Opere complete, vol. 9, p. 9 e sgg.
(51) J. Cannon, lettera a Vincent Dunne, 14 gennaio 1955.
(52) L. Trotsky, "Karl Kautsky", 8 novembre 1938, in Escritos, volume VI, pag. 65 e seguenti, nostra traduzione dalla versione in spagnolo.

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