Partito di Alternativa Comunista

Il Cile verso l’Assemblea costituente.

Il Cile verso l’Assemblea costituente.

Il ruolo rivoluzionario della candidatura di Maria Rivera

 

 

 

di Salvatore de Lorenzo

 

 

 

A partire dai fenomeni insurrezionali del 18 ottobre del 2019, il processo rivoluzionario in Cile ha prodotto un grande fermento nella società cilena. Durante la sollevazione di massa, milioni di persone, in tutte le strade del Paese, alzarono il grido «Abajo la Constitucion de 80», cioè abbasso la Costituzione imposta da Pinochet nel 1980, che formalizzava quel regime economico e militare a cui, correttamente, le masse popolari cilene attribuiscono le ragioni del loro profondo malessere economico. Anche se, nei 30 anni successivi al graduale allontanamento di Pinochet dal suo ruolo di comandante supremo dell’esercito cileno, gli aspetti formalmente più repressivi di quella Costituzione sono stati progressivamente limati da alcune successive modifiche apportate dai governi democratico-borghesi, la Costituzione dell’80, come tutte le carte costituzionali di tutti i regimi borghesi, democratici o dittatoriali che siano, legalizza difatti l’oppressione e lo sfruttamento salariale delle classi subalterne.
In Cile, l’iper-sfruttamento salariale ha assunto aspetti particolarmente odiosi, che hanno accelerato il processo rivoluzionario: il modello economico ultraliberista, importato negli anni ’70 del secolo scorso dai Chicago boys, allievi cileni dell’economista americano Milton Friedman, ha consentito alla borghesia cilena di ampliare a dismisura il divario di ricchezza rispetto alle classi subalterne. Tale modello è basato sulla privatizzazione di tutti i beni essenziali: dalle pensioni alla sanità, dai trasporti sino alla scuola, il proletariato cileno è costretto a sborsare tutto il suo salario sino a indebitarsi per accedere ai servizi essenziali; esso ha reso il Cile uno dei Paesi in cui il livello di diseguaglianza tra le classi sociali è tra i più alti del mondo.
Sotto la pressione della mobilitazione di massa, il presidente cileno Pinera, per evitare la caduta del governo, è stato costretto a concedere un referendum con cui il popolo cileno veniva chiamato a esprimersi sulla necessità o meno di un’assemblea costituente. Nel novembre dello scorso anno il referendum ha avuto un esito plebiscitario: oltre l’80% dei votanti si è espresso a favore della modifica della Costituzione e ha anche optato affinché i delegati all’Assemblea siano tutti eletti dal popolo.
Tra i candidati all’assemblea costituente spicca la figura della nostra compagna Maria Rivera, dirigente del nostro partito gemello in Cile, il Mit (Movimento di sinistra dei lavoratori). Maria Rivera è la candidata che ha raccolto il maggior numero di firme (oltre 5000) per l’inserimento nella «Lista del Pueblo», una delle liste indipendenti che parteciperanno il prossimo 21 aprile alle elezioni per la scelta dei delegati all’Assemblea costituente. Maria ha acquisito una notevole popolarità nell’avanguardia rivoluzionaria cilena, in particolare tra le organizzazioni che hanno diretto il movimento di protesta che ha occupato Plaza Dignidad durante gli scontri con l’esercito e i carabineros e tutte le successive manifestazioni degli ultimi due anni. Nel 2008 Maria ha fondato la Defensoría Popular (oggi chiamata Defensa Popular), un gruppo di avvocati che forniscono gratuitamente la difesa giuridica delle vittime della polizia e della repressione statale. Maria si batte giornalmente in difesa delle migliaia di prigionieri politici detenuti e maltrattati nelle carceri cilene. Recentemente, è stata accusata di «sedizione impropria» dai carabineros cileni, per aver esplicitamente lanciato un appello alle truppe delle forze repressive affinché «smettano di massacrare il nostro popolo».
Sappiamo che il percorso dell’Assemblea costituente, con l’elezione di delegati scelti tra le forze riformiste, come il Pc, il Ps e il Frente Amplio, che hanno approfondito il processo ultraliberista avviato da Pinochet e che però hanno ancora un forte controllo dell’apparato burocratico dei principali sindacati, non sarà sufficiente a produrre cambiamenti significativi, lasciando inalterata la natura borghese dello Stato cileno. Proprio per questa ragione l’auspicabile elezione di Maria Rivera all’interno dell’Assemblea di delegati acquisisce una straordinaria importanza per il processo rivoluzionario ancora in corso, perché ci consentirebbe di denunciare alla classe operaia cilena l’accodamento delle forze riformiste ai desiderata dei gruppi monopolistici cileni.
Pensiamo che i coraggiosi studenti e la classe operaia cilena possano ottenere un reale cambio di qualità della propria vita solo continuando nelle mobilitazioni. È a tal fine importante che gli studenti, i lavoratori e la popolazione indigena dei Mapuche approfondiscano il percorso assembleare nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro e nelle terre, costruendo quegli organismi necessari all’autodifesa del proletariato dalle squadracce fasciste finanziate dai monopolisti cileni. Solo il coordinamento dei delegati democraticamente eletti dalle assemblee nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università e nelle comunità indigene potrà produrre una carta costituente che corrisponda ai reali bisogni delle masse popolari cilene, oppresse da cinquant’anni di regime borghese, prima dittatoriale e poi «democratico». Invitiamo la base proletaria dell’apparato militare cileno a rompere con le gerarchie militari e a schierarsi dalla parte delle masse in lotta contro la borghesia cilena. W la rivoluzione cilena, W la rivoluzione mondiale!

Proponiamo di seguito un articolo dei compagni del Mit che fa chiarezza sulla situazione in Cile

 

Cile: quali sono i cambiamenti di cui abbiamo bisogno?

Mit - sezione cilena della Lit-Quarta internazionale

 

Qualsiasi famiglia di lavoratori conosce i principali problemi del Paese, non è necessario essere dei geni, dei sociologi o dei politici per individuarli. La maggior parte dei lavoratori riceve salari bassi, ha pochissimi diritti sul lavoro (o nessuno) e le pensioni dei nostri anziani sono misere. Ci indebitiamo per pagare l’istruzione ai nostri figli (o essi stessi si indebitano). La sanità è debole e molto cara, moriamo in fila negli ospedali o facciamo debiti per qualsiasi trattamento o intervento chirurgico. La violenza contro le donne aumenta ogni giorno e non ci sono politiche per combatterla. Migliaia di persone vivono stipate in casa di parenti o pagano affitti abusivi. Il popolo mapuche viene perseguitato, represso e assassinato perché i silvicoltori vogliono a tutti i costi impossessarsi delle loro terre.
Questa è la situazione della nostra gente. Questa è l'«oasi» di modernità di cui parlava Sebastián Piñera. Bene, conosciamo già i problemi, li viviamo quotidianamente. La domanda quindi è: come risolverli?

 

Il Cile è un Paese ricco

Sebbene le persone vivano in condizioni terribili, il nostro è un Paese molto ricco. I nostri campi sono fertili, le nostre montagne e le nostre saline hanno una ricca abbondanza di risorse naturali che servono a produrre innumerevoli prodotti necessari all’umanità. I nostri mari hanno un'enorme biodiversità (sebbene siano sempre più predati). Come abbiamo dimostrato in altre occasioni, tutta l'enorme ricchezza che produciamo finisce nelle mani di pochi, di alcune famiglie cilene e di capitalisti stranieri. Facciamo alcuni esempi per capire di cosa stiamo parlando. Nei primi nove mesi del 2019, le banche presenti in Cile (cilene e straniere) hanno registrato utili per 2,7 miliardi di dollari; il profitto più alto lo ha fatto il Banco de Chile, di proprietà della famiglia Luksic. Solo con i profitti delle banche avremmo potuto pagare uno stipendio di 600.000 pesos al mese (negli stessi 9 mesi) a circa 180.000 cileni. Nello stesso periodo del 2019, l'attività mineraria privata ha registrato profitti per oltre tre miliardi di dollari. Tre miliardi di dollari con cui potremmo raddoppiare il contributo statale ai comuni per la sanità e che rappresenterebbero più del doppio del budget annuale per la sanità di base! Potremmo raddoppiare il budget per i bambini, chiudere Sename (servizio nazionale minorile, ndt) e dare una vita dignitosa a migliaia di bambini abbandonati. Con questi soldi, il budget per la lotta contro la disuguaglianza di genere e la violenza contro le donne, potrebbe essere aumentato di quasi 15 volte. Un piccolo dettaglio che va ricordato: quando parliamo dei profitti delle miniere private dobbiamo sapere che la maggior parte delle grandi compagnie minerarie è straniera. In altre parole, ogni anno un fiume di denaro lascia il nostro Paese per le tasche di investitori che potrebbero non aver mai messo piede in Cile; e stiamo parlando solo di due settori economici. Oltre al settore minerario e bancario, molti altri settori generano enormi profitti: energia, logistica, distribuzione di carburante, vendita al dettaglio, ecc. Prima di tutto, dobbiamo capire che qualsiasi cambiamento profondo può avvenire solo se controlliamo quella ricchezza che si accumula nelle mani di pochi e per controllare quella ricchezza non sarà sufficiente creare semplicemente una tassa sui grossi patrimoni, perché quei patrimoni continueranno comunque a crescere. I grandi patrimoni esistono perché i ricchi possiedono le aziende che generano quella ricchezza. Per questo motivo, la strategia della nostra lotta deve essere quella di requisire le grandi aziende del Paese e porle sotto il controllo dei lavoratori, di modo che si possa decidere come utilizzare quell'enorme quantità di risorse in maniera realmente democratica. Non c'è democrazia possibile se i lavoratori non possiedono le proprie risorse naturali e le società strategiche del Paese. Tuttavia, i nostri problemi non finiranno requisendo le aziende. Gran parte della ricchezza che si genera oggi in Cile proviene da un eccessivo sfruttamento delle risorse naturali, che finisce per distruggere la natura e peggiorare le condizioni di vita della popolazione stessa: il mancato accesso all'acqua, l'inquinamento nelle aree di macellazione, l'inquinamento del mare e dei fiumi, la scarsa qualità dell'aria nei centri urbani, ecc. Pertanto, dovremo ridiscutere l'intera logica della produzione.

 

Cile: uno dei principali Paesi esportatori

Nel sistema economico mondiale, il Cile occupa un posto periferico, sebbene produca materie prime molto importanti. Generiamo prodotti a basso valore aggiunto ma ad alto costo ecologico ed umano. Come tutti sappiamo, il rame è la principale ricchezza prodotta dal nostro Paese e la sua vendita corrisponde alla metà delle nostre esportazioni. Oltre al rame, siamo grandi produttori di frutta (mele, pere, mirtilli, avocado, ecc.), vino, pesce (salmone, trota), cellulosa, prodotti agricoli (carne/latte) e manifatturieri. Queste caratteristiche della nostra economia sono decisive per capire in quale Paese viviamo. Il nostro Paese non è un grande sviluppatore di tecnologie e scienze (con piccole eccezioni, come nel caso dell'astronomia); per esportare, dobbiamo distruggere le nostre colline, i nostri fiumi, i mari e sfruttare eccessivamente le campagne. Allo stesso modo dobbiamo importare tutto il resto di cui abbiamo bisogno (automobili, cereali, legumi, prodotti industriali, macchinari, telefoni cellulari, computer, ecc.). L'economia del nostro Paese non è orientata a risolvere i problemi e le carenze della nostra popolazione, tutta la nostra industria, tecnologia, scienza e lavoro sono dedicate alla produzione per il mercato estero, non importa cosa serve al Cile. Pertanto, dobbiamo cambiare la logica. La logica non può essere quella di produrre per esportare ciò che vogliono le potenze capitaliste e ciò che genera profitti per gli imprenditori, la logica deve essere quella di produrre ciò che è necessario per risolvere le carenze della classe operaia.

 

Nazionalizzazione di tutte le grandi aziende e delle grandi proprietà rurali

Per iniziare a risolvere tutti i problemi del Paese dobbiamo controllare la nostra economia. Ciò significa nazionalizzare, sotto il controllo operaio e popolare, tutte le società strategiche del Paese: grandi società minerarie, società energetiche, società di distribuzione di carburante, società di pesca e società alimentari, tra le altre. Inoltre, dobbiamo eliminare le grandi proprietà rurali. Le famiglie Angelini e Matte, proprietarie di Arauco Celulosa e della «Papelera» (CPMC) controllano oltre 1,2 milioni di ettari del nostro territorio (6 volte più grande di una città come Temuco) e sono responsabili della guerra dello Stato contro il popolo Mapuche. Le grandi aziende agricole, raggruppate nella SNA (il cui presidente è uno dei più grandi imprenditori agricoli del Paese - Juan Sutil) devono essere nazionalizzate e tutte le loro proprietà rurali messe a disposizione dei lavoratori e dei contadini. Il territorio mapuche deve essere restituito ai Mapuche che vogliono lavorare la terra.

 

Nazionalizzazione delle banche e dei fondi pensione (AFPs) per pianificare l'economia

Per sviluppare un piano economico che dia la priorità alla costruzione di alloggi per la classe lavoratrice, porre fine alla carestia, garantire i diritti del lavoro e salari migliori, combattere la violenza contro le donne, garantire gli investimenti in cultura e istruzione e migliorare le pensioni, dobbiamo nazionalizzare tutte le banche in un'unica banca di Stato controllata dalla classe operaia. In questo modo possiamo pianificare e controllare l'economia, dando priorità alla soddisfazione dei bisogni umani e non alla produzione per i profitti capitalistici. Queste misure non si possono mettere in pratica se non prendiamo il potere dalle mani della borghesia cilena e straniera. Parleremo di questo anche in successivi articoli. Queste misure, unite alla formazione di uno Stato operaio e popolare, possono aprire la strada alla società socialista che rivendichiamo, una società in cui i bisogni umani vengono prima di tutto, dove tutto è democraticamente controllato dalla classe operaia.

 

[traduzione dallo spagnolo a cura di Massimiliano Dancelli]

 

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