Un presidente di garanzia, ma per gli interessi dei padroni
di Alberto Madoglio
«Evitato il disastro». Questo, più o meno, quello che i grandi mezzi di informazione internazionali hanno scritto dopo la rielezione di Sergio Matterella alla carica di presidente della Repubblica. I giornali italiani da parte loro non sono stati da meno in quanto a enfasi.
«Mattarella, bis per il Paese», «Il Presidente di tutti»: questi erano i titoli di prima pagina di Corriere della Sera e Repubblica domenica 30 gennaio.
Il Sole24Ore apriva con questo virgolettato riferito a Mattarella: «Accetto per senso di responsabilità». Il tutto proseguiva con un profluvio di elogi e complimenti senza il minimo ritegno o senso del ridicolo.
Nessuno si è domandato come sia possibile che una classe dirigente di bassissimo livello, anche per gli standard non eccelsi della borghesia italiana (come tutti ormai riconoscono), che da trenta anni dà dalle prove di sé veramente infime, riesca poi a eleggere alle più alte cariche istituzionale dei veri e propri superman, stando a quello che si legge. Miracoli del conformismo e della demagogia della propaganda.
La conferma di Mattarella sintomo della crisi dei due poli politici borghesi
Veniamo al succo della questione. Negli ultimi tempi il ruolo del capo dello Stato ha travalicato i compiti e le funzioni che la Costituzione gli assegna. Da semplice «notaio» si è via via trasformato in garante e punto di equilibrio tra le diverse frazioni politiche della borghesia.
Se è vero che le coalizioni di centrodestra e centrosinistra - e dei vari partiti e gruppi che le compongono - in ultima istanza rappresentano e difendono gli interessi della classe borghese oggi dominante, non per questo bisogna credere che questo dominio si manifesti senza frizioni e polemiche anche molto aspre.
Da un certo punto di vista il presidente della Repubblica è stato un arbitro super partes, ma non come la vulgata comune lo rappresenta, cioè il capo di una nazione composta da indistinti cittadini senza insanabili contraddizioni di classe, ma in quanto garante ultimo dei desiderata delle classi dominanti.
Allo stesso tempo non possiamo negare che questa figura goda di un certo sostegno e consenso anche tra la classe lavoratrice. Questo è senza dubbio frutto della quotidiana campagna di beatificazione, di sostegno acritico di cui negli anni ogni inquilino del Colle ha goduto. Tutto ciò è servito per inquinare sempre di più le coscienze dei lavoratori circa il reale ruolo dello Stato, organo di dominio della classe che detiene il monopolio dei mezzi di produzione.
La settimana che ha portato alla rielezione di Mattarella ha confermato una volta di più quanto la crisi politica, istituzionale e sociale che attraversa l’Italia da tre decenni non abbia ancora trovato un punto di equilibrio definitivo, una soluzione stabile. Per la seconda volta il Parlamento ha manifestato plasticamente questa crisi non riuscendo a garantire un suo normale funzionamento, cioè un cambio di guida nella più alta carica dello Stato. Il legame così stretto che si è venuto, nuovamente, a creare tra la funzione e la persona che la incarna da rendere impossibile il cambio denota per certi versi la profondità di questa crisi.
La maggioranza di unità nazionale che appoggia l’esecutivo Draghi dall’inverno 2021, negli auspici dei suoi sostenitori, avrebbe dovuto rappresentare la soluzione a tutti i mali che affliggono da tempo il Paese.
La realtà è stata come sempre accade più forte di ogni previsione. Il governo si scontra sempre di più con le debolezze strutturali economico-finanziarie italiane. Certo il Pil nel 2021 è cresciuto di oltre il 6%, ma questo è stato in larga parte dovuto all’effetto rimbalzo dopo il calo di quasi il 10% registrato l’anno precedente.
Inoltre questa crescita non ha avuto gli stessi effetti per tutti. Se i grandi gruppi industriali, finanziari, assicurativi, hanno potuto brindare alla ripresa degli affari, registrando una crescita impressionante di profitti e valore delle azioni di borsa, per i lavoratori le cose non sono andare altrettanto bene.
I salari continuano a essere molto al di sotto dei già bassi livelli raggiunti prima dello scoppio della pandemia, mentre il costo della vita aumenta. Dal lato dell’occupazione, se è vero che in numeri assoluti si è registrato un record di occupati, è altrettanto vero che crescono sempre più coloro i quali sono impiegati con contratti di lavoro precari, con basse retribuzioni, misere tutele sindacali e senza una reale speranza in un futuro migliore.
La campagna di vaccinazione procede spedita nei Paesi più ricchi, ma la fine della pandemia appare lontana a causa dello scarsissimo livello di copertura vaccinale per le popolazioni dei Paesi dipendenti dall’imperialismo, del sostanziale fallimento del cosiddetto programma Covax (1), dell’allentamento delle misure di sicurezza: col risultato che il virus, continuando a circolare nel pianeta, può mutare di continuo e così infettare strati sempre più ampi di popolazione.
Tutto ciò fa diventare sempre più nervosi e preoccupati i leader dei vari partiti, sia di maggioranza che di minoranza, rendendoli incapaci di garantire un tranquillo evolversi dell’attività istituzionale.
Le avvisaglie di un rallentamento della crescita economica spaventano la borghesia
Queste tensioni si sono riverberate negli avvenimenti accaduti nella settimana appena trascorsa. Tra le coalizioni, così come all’interno dei partiti che le compongono, abbiamo assistito a un «tutti contro tutti». Le varie candidature proposte, prima di arrivare alla riconferma di Mattarella, in molti casi non hanno superato nemmeno i veti incrociati, non riuscendo a essere poste effettivamente in votazione.
Il tentativo fatto nella notte di venerdì 28 gennaio di proporre la candidatura di Elisabetta Belloni, capo dei servizi di intelligence, prefigurando un nuovo asse Fratelli d’Italia, Lega, 5S, ha reso evidenti i contrasti e le tensioni che covavano sotto la cenere. Il prolungamento dello status quo istituzionale (Mattarella al Colle, Draghi a Palazzo Chigi) ha permesso per il momento di guadagnare tempo e di evitare che la crisi istituzionale finisse in una situazione senza via d’uscita. La coalizione di centro destra è sull’orlo dell’esplosione.
Salvini che appariva un leader in irresistibile ascesa, ora è messo in discussione anche all’interno del suo partito. Stesso discorso per i 5S, dove le frazioni capeggiate da Conte e Di Maio ben difficilmente potranno continuare a convivere sotto lo stesso tetto. Le oscillazioni elettorali di questi due partiti con un forte sostegno tra la piccola e media borghesia rispecchiano quelle di questa classe intermedia della società capitalista, incapace di dotarsi di un programma politico e sociale indipendente da quello delle due classi fondamentali, borghesia e proletariato. Una volta andati al governo, i partiti a base piccolo-borghese come Lega e M5S, non possono che far propri i desiderata della grande borghesia imperialista e quindi dare inizio al proprio declino.
Il Partito Democratico pare, per una volta, non essere il centro della crisi. Tuttavia il suo futuro rischia di non essere così roseo, non essendo l’asse con i 5S solido come qualche settimana fa.
Saranno i prossimi mesi a dirci come evolverà la situazione. Tutti i segnali che arrivano dicono che il tempo volgerà al brutto per le masse popolari. La crescita economica subirà un forte rallentamento (il Pil della Germania in contrazione nel quarto trimestre del 2021 è un allarme per tutte le economie del Vecchio Continente). Il balzo dell’inflazione falcidierà ancor di più salari che da decenni sono in calo. Nuove ondate di licenziamenti, tagli allo Stato sociale, politiche di austerità non sono solo ipotesi di scuola ma realtà sempre più concrete. Gli applausi che hanno salutato la rielezione di Mattarella si trasformeranno allora in fischi e contestazioni di massa.
Una prima avvisaglia di questo clima lo abbiamo visto in questi giorni in occasione delle partecipate manifestazioni studentesche contro l’alternanza scuola lavoro e ciò che essa comporta: morte e sfruttamento. Quando insieme agli studenti scenderanno in piazza operai e lavoratori non basteranno manganelli, cariche della polizia, appelli alla coesione e alla fratellanza fatta da presunti nuovi salvatori della Patria a ripristinare la pace sociale che negli ultimi decenni ha permesso a padroni e politici borghesi di arricchirsi alle spalle di milioni di sfruttati.
Note
1) Covax, programma che nelle intenzioni dovrebbe consentire accesso a tamponi diagnostici e vaccini a tutta la popolazione mondiale, non solo a quella dei Paesi a maggior sviluppo economico, cioè imperialisti.