25
novembre La lotta
delle donne
contro capitalismo e maschilismo Testo delle donne del Pdac.
E report sul II
Incontro delle donne della Lit-Quarta Internazionale
Commissione
Lavoro Donne - Pdac
In Italia ogni due giorni muore una
donna ed una su tre è stata oggetto di violenza, fisica o psicologica, almeno
una volta nel corso della vita. I dati Istat, recentemente pubblicati, non
riescono tuttavia a quantificare le tracce e le conseguenze di questa violenza,
che non si possono cancellare per il resto della vita. Confermano invece un
aumento della violenza contro le donne, a dispetto di qualsivoglia legge per la
sicurezza, secondo una tendenza mondiale già registrata dall’Onu. L’India ne è
senza dubbio l’esempio più eclatante: ogni 20 minuti una donna viene violentata;
soltanto una su 50 ha denunciato il fatto alla polizia, che d’altra parte nella
maggior parte dei casi accusa la vittima o tende a considerare meno gravi
aggressioni o umiliazioni inferte alle vittime in pubblico (ustioni con l’acido
o denudazioni). In Argentina una donna viene uccisa ogni 32 ore. In Brasile si
sono registrati più di 50.000 casi di stupro ed ogni giorno sono circa 15 le
vittime di violenza domestica. In molti Paesi è addirittura impossibile
quantificare i dati sulla violenza alle donne.
Il 25 novembre, giornata mondiale
contro la violenza sulle donne, è una data istituita per richiamare l'attenzione
su questo problema (definito ormai come una vera e propria pandemia globale),
dato che la situazione appare da tempo fuori controllo. Le istituzioni mondiali
e i governi si sprecano in discorsi sull’uguaglianza e sulla parità, però non
attuano nessuna azione concreta per ottenerle realmente. Infatti, tolte le
dichiarazioni nelle quali formalmente si condanna la violenza, ci si scontra poi
con gli atti dei governanti di tutto il mondo, atti che contribuiscono a
fomentare questa violenza e che in qualche modo la giustificano. Il capitalismo
si nutre infatti di questa disuguaglianza tra uomini e donne e la utilizza per
trarne il maggior profitto.
I piani economici di austerità,
applicati da tutti i governi nei diversi continenti, che prevedono misure quali
la flessibilizzazione e la precarizzazione dei contratti di lavoro; la riduzione
drastica dei finanziamenti per la salute, la scuola, i trasporti, i programmi
sociali; la privatizzazione e l’inevitabile peggioramento di tutti i servizi
pubblici, toccano maggiormente le donne della classe lavoratrice. Sono infatti
le donne a pagare un doppio prezzo per queste misure, da un lato perché
maggiormente impiegate nei settori toccati dalle riforme (in Italia l’80% circa
del personale impiegato nei servizi è femminile), dall’altro perché, spinte ai
margini o fuori dal mercato del lavoro, sopperiscono nell’accudimento e nella
cura di bambini, anziani e ammalati alle mancanze di uno Stato che non trova che
belle parole per eguagliarle agli uomini. Il loro inserimento nel mercato
lavorativo (le donne sono la metà della classe lavoratrice e della popolazione
attiva a livello mondiale) è sempre all’insegna della disuguaglianza economica
con gli uomini. A livello retributivo ricevono in media dal 20 al 24% in meno
degli uomini e sono maggiormente impiegate in lavori esternalizzati, precari o
in nero. In questo modo anche le loro aspettative di vita diminuiscono sia per
quanto riguarda un minore introito pensionistico sia per il livello qualitativo
della loro esistenza: nel mondo il 70% dei poveri sono donne.
Le conseguenze
di questo sistema diseguale e ingiusto, non sono solo economiche per le donne.
Molti diritti, conquistati in anni di dure lotte sono messi in discussione in
molti Paesi (diritto all’aborto), in altri non sono riconosciuti (diritto
all’istruzione). La mercificazione del corpo delle donne che le relega nel ruolo
di oggetto sessuale, le rende in questa società degenerata moralmente, una merce
da vendere e da comprare.
Istituire un giorno per richiamare
l'attenzione sulla crescente violenza contro le donne è importante. Ma non
basta. Occorre lottare per dire basta alla violenza e al peggioramento delle
condizioni di vita delle donne, che stanno reagendo a questi attacchi tesi a
limitarne la libertà. Sono l’avanguardia della classe lavoratrice che si solleva
in molti Paesi contro i regimi (Egitto, Tunisia, Siria), contro l’attacco dei
diritti in Europa (Spagna), contro gli stupri (India), contro le manovre
economiche (Brasile). Sono ancora le donne che spesso hanno promosso scioperi e
mobilitazioni in varie parti del mondo: in Italia la nostra solidarietà va alle
lavoratrici della cooperativa Mr. Job che hanno bloccato l’interporto di
Bologna, alle lavoratrici di Melfi, alle tante lavoratrici stagionali, alle
insegnanti, a tutte le donne in lotta per i loro diritti negati.
Il Pdac e la Lega Internazionale dei
Lavoratori – Quarta Internazionale promuovono, appoggiano e si collocano alla
testa di questa lotta contro ogni forma di violenza contro la donna. E’
necessario trasformare questa giornata in un momento di lotta contro le cause
concrete della violenza, ma, soprattutto, contro il sistema capitalista che
promuove guerre, genocidi e sfruttamento eccessivo contro i popoli, rendendo il
mondo sempre più pericoloso per le donne, specialmente per le più povere, le
nere, le immigrate e le lavoratrici di tutti i Paesi; si dovrebbe trasformarla
in un giorno di lotta contro i governi che ingannano le donne con le loro
politiche di empowerment e di welfare, lasciando credere loro che questa è la
via per risolvere il problema dell’oppressione e della violenza, mentre
scaricano sopra alle spalle dei lavoratori e dei poveri, i loro violenti piani
di miseria e sfruttamento.
Le rivendicazioni volte a migliorare
le condizioni di vita e di lavoro delle donne devono essere riprese da tutta la
classe lavoratrice. È attraverso l'unità della classe lavoratrice sulla base di
una comune posizione di classe indipendente da genere, razza od orientamento
sessuale, e con la lotta per le mete comuni del socialismo che si abbatte il
pregiudizio. Gli uomini lavoratori che praticano atti di maschilismo finiscono,
più o meno consapevolmente, per difendere i padroni. Quando un lavoratore smette
di praticare atti maschilisti e partecipa alle rivendicazioni delle donne
proletarie contro l’oppressione, indebolisce l’obiettivo dei padroni di dividere
la classe proletaria per continuare a sfruttarla. Ad ogni diritto che viene
strappato alle donne, viene commesso un sopruso in più ai danni dei diritti di
tutti i lavoratori. Per questo le rivendicazioni volte a migliorare le
condizioni di vita e di lavoro delle donne devono essere riprese da tutta la
classe lavoratrice. La lotta per il socialismo si basa sul potere dei lavoratori
– non maschi o femmine, ma tutti i lavoratori. In questa lotta ogni lavoratore
ha un ruolo fondamentale e una vittoria dei lavoratori di sesso maschile sarà
impossibile senza una eguale lotta da parte delle lavoratrici. La rivoluzione
per un mondo socialista non sarà possibile se una parte del proletariato ne è
escluso: è indispensabile dunque che l’intero proletariato appoggi la lotta
contro l’oppressione maschilista. Il sistema economico socialista rende
impossibili le basi materiali per l'oppressione di genere, e la lotta per
instaurarlo abbatterà i pregiudizi sessisti dimostrando nella prassi
l'uguaglianza tra uomini e donne.
Il Partito di Alternativa Comunista,
sezione italiana della Lega internazionale dei lavoratori, fa appello a tutti,
lavoratrici e lavoratori, ad organizzarsi, a scendere in campo nella lotta non
solo per dire no alla violenza sulle donne, ma per rivendicare un pieno impiego
contro ogni flessibilità e precarizzazione, salari uguali per uguali mansioni,
controllo delle lavoratrici sui tempi e sugli orari di lavoro, nonché sul
"rischio zero" negli ambienti di lavoro, un'istruzione di massa e pubblica senza
discriminazioni di classe e secondo le vere inclinazioni di ognuna; per il
mantenimento e il potenziamento dei servizi pubblici a supporto delle donne,
come asili nido, lavanderie e mense sociali di quartiere, centri per anziani e
disabili, consultori e ambulatori pubblici diffusi nel territorio, per sottrarle
al doppio lavoro forzato di cura e liberare il tempo per le attività politiche,
sindacali, culturali.
L'oppressione delle donne nel capitalismo Report del II Incontro internazionale
delle donne
della Lit-Quarta Internazionale
di Fabiana
Stefanoni
Dal 30 ottobre al 2 novembre si è
svolto a Madrid il secondo seminario internazionale delle donne della Lega
Internazionale dei Lavoratori-Quarta Internazionale (Lit), con la partecipazione
di circa cinquanta delegate e delegati delle principali sezioni europee: Spagna,
Italia, Portogallo e Belgio. Presenti anche due compagne dal Sudamerica,
precisamente dal Brasile e dalla Colombia, in rappresentanza, rispettivamente,
del Pstu del Brasile e della Segreteria internazionale delle donne della
Lit.
La quattro giorni, che ha visto alternarsi momenti di studio e
riflessione in piccoli gruppi con momenti di discussione comune in plenaria, ha
riprodotto - su scala europea e con tempi e tematiche ridotti (4 giorni anziché
10) - un seminario analogo svoltosi in Brasile nel dicembre del 2014, cui
avevano preso parte delegazioni di quasi tutte le sezioni della Lit nel mondo. A
Madrid ha partecipato dall'Italia una delegazione di compagne e compagni del
Pdac.
Studiare la
teoria per intervenire nelle lotte
Il seminario si è aperto con un
ricordo, commosso, di Cecilia Toledo, militante del Pstu brasiliano (morta di
recente dopo una grave malattia) che ha rappresentato un punto di riferimento
imprescindibile per le donne della Lit. Autrice di un libro importante, Il
genere ci unisce, la classe ci divide (parzialmente tradotto anche in
Italia: è possibile leggerne alcuni estratti sul sito www.alternativacomunista.org), Cecilia
ha dedicato tutta la sua vita, fino alla fine, alla lotta per i diritti delle
donne della classe lavoratrice. E' stato proiettato un video che ha ricordato le
tappe più importanti della sua militanza rivoluzionaria, seguito da un lungo
applauso di tutte e tutti i presenti.
All'inizio dei lavori è stata anche
ricordata la tragedia delle donne immigrate, esplosa in questi mesi con il
dramma dei rifugiati. Si tratta di donne che stanno affrontando una dura lotta
contro una tripla oppressione: sfruttamento, maschilismo e razzismo. Abbiamo
voluto dedicare questo nostro seminario anche a loro.
I temi affrontati
durante i quattro giorni di studio, basati sullo studio e la discussione di
testi della tradizione marxista ma anche sulla lettura critica di testi del
femminismo borghese, sono stati articolati in tre blocchi: il ruolo delle
rivendicazioni delle donne in relazione al programma della rivoluzione
permanente; il rapporto tra sfruttamento di classe e oppressione di genere (con
la relativa discussione su lavoro produttivo e improduttivo); le differenze tra
l'impostazione marxista e quella del femminismo interclassista (con la critica
di concetti quali quello di "patriarcato" - inteso come struttura indipendente
dal contesto capitalistico - fino alla recente teoria Queer).
La lotta contro
il maschilismo e la critica del femminismo borghese
Lo studio e la discussione hanno, fin
da subito, messo in evidenza la differenza tra la situazione della lotta di
classe nei vari Paesi europei. Mentre in Italia ci troviamo ad affrontare, senza
per ora una risposta di lotta e di massa da parte delle donne, la diffusione
massiccia di teorie reazionarie e maschiliste - come quelle che hanno trovato
espressione, la scorsa estate, nella manifestazione promossa dai settori più
reazionari della Chiesa cattolica (il "Family day") - in altri Paesi, come la
Spagna, il clima della lotta di classe è decisamente diverso.
Il 7 novembre,
a Madrid, si è svolta una grande manifestazione di donne contro la violenza
maschilista, che ha visto la partecipazione di centinaia di collettivi
femministi. Da qui l'esigenza, fortemente sentita in particolare dalle compagne
spagnole, di criticare l'utilizzo di concetti quali quello di "patriarcato",
scandito e ripetuto negli slogan di queste manifestazioni. Un concetto che viene
là utilizzato da numerose correnti femministe - che si pongono in continuità con
le teorizzazioni degli anni Sessanta e Settanta (la cosiddetta seconda ondata
femminista) - per giustificare l'esistenza di un sistema di oppressione della
donna indipendente e autonomo dal sistema capitalistico. Si arriva così a
giustificare sia il separatismo delle donne rispetto agli uomini della loro
classe, sia l'unità tra le donne di classi diverse (proletarie e borghesi) nella
lotta contro il maschilismo. Per questo, è emersa con forza, durante le giornate
di Madrid, l'esigenza di ribadire alcuni concetti cardine del marxismo su queste
tematiche: la necessità di organizzare le donne della classe lavoratrice contro
l'oppressione di classe e di genere nell'indipendenza di classe dalla borghesia;
la necessità dell'unità di classe tra proletari, donne e uomini, per abbattere
il sistema capitalistico e l'oppressione di genere che lo caratterizza.
Si
tratta, in entrambi i casi, di obiettivi che rimandano all'urgenza di
rafforzare, anche all'interno delle organizzazioni del movimento operaio e della
classe (sindacati e partiti), la lotta contro il maschilismo che, come il
razzismo, divide la classe lavoratrice, a tutto vantaggio dei
capitalisti.
Possiamo concludere citando le parole finali del resoconto del
seminario scritto da Corriente Roja (Corrente Rossa, la sezione spagnola della
Lit): il seminario si è chiuso con l'esigenza di "continuare ad approfondire lo
studio e il dibattito di un tema così cruciale per noi, dato che l'oppressione
maschilista e il superfruttamento che ne deriva riguardano la metà della classe
lavoratrice".
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